2017: un anno di svolta

Di Vittorio Bianchi

Il 2017 potrebbe essere l’anno che sferra il colpo di grazia all’Unione Europea o che, invece, rafforza la sua coesione interna. Intanto sembra che in Francia e in Germania abbiano già iniziato a serrare i ranghi in vista di campagne elettorali senza esclusione di colpi.

Il 4. dicembre scuote l’Europa. L’Austria la scampa per un pelo col verde Van der Bellen, mentre l’Italia affonda nel caos. Valanga di voti per il NO e Renzi, volente o nolente, si è dovuto dimettere. Almeno fino alle prossime elezioni, che verosimilmente avverranno nel 2017. Niente di tremendo per gli italiani, solo il 63esimo governo in 70 anni.

L’anno 2016 si chiude un po’ così. L’Italia di nuovo nave senza cocchiere in gran tempesta, per dirla alla Dante, e l’Europa in bilico fra “quelli della pancia” e quelli che invece pensano con la testa. Ognuno con le sue ragioni. E’ vero, però, che dalle crisi nascono le opportunità, quindi rimaniamo tutti in trepidante attesa di quello che il 2017 avrà da offrirci, un po’ come alla fine di una serie televisiva che si chiude lasciandoci con bocca aperta e mani nei capelli. L’anno a venire racchiude, infatti, sfide importanti, potremmo dire cruciali, per il futuro dell’Unione.

Una Francia sfregiata e ferita da diversi attentati terroristici e la cui ondata di malumore viene strumentalizzata dal Front National di Marie le Pen, vuole riscattarsi alle elezioni presidenziali di primavera. Il gollista repubblicano François Fillon sfida i populisti e sembra aver incorporato le istanze dei francesi. Sul fronte socialista Manuel Valls spodesta Hollande che, a forza di scavare nei sondaggi, ha toccato il fondo e recentemente ha annunciato di non volersi ricandidare. Valls, ex Ministro degli Interni, rappresenta l’area più centrista dei socialisti francesi e, durante il suo mandato, ha sottolineato più volte l’importanza della sicurezza interna, soprattutto in relazione all’immigrazione e ai percorsi di integrazione. Questo riallineamento era necessario a fronte della polarizzazione in cui versa la Francia.

Anche i vicini tedeschi hanno il loro bel da fare. La Germania, che per proporzioni demografiche ed economiche è la forza trainante, oltre che il collante, dello sgangherato carro europeo, si dirige a passi da gigante verso le elezioni, che indicativamente saranno a fine estate. L’importanza di queste elezioni ha una valenza bidimensionale: sul piano interno potrebbe ridisegnare le dinamiche socio-politiche, come già successo con le regionali del 2016, portando ad un’ascesa del temuto AfD. A livello europeo, potrebbe avere riverberi sullo scheletro istituzionale che sorregge l’Unione Europea, poiché CDU e SPD, i due partiti di maggioranza tedeschi, ne rappresentano la spina dorsale.

La campagna elettorale tedesca è dunque già iniziata, almeno stando al discorso tenuto dalla Merkel al congresso della CDU a Essen, dove è stata ufficializzata la sua candidatura alla guida del Bundestag per la quarta volta. Per la nona volta, invece, alla guida del partito. “Da noi si mostra il viso, per questo il burka deve essere vietato!” così la cancelliera, dal palco, infuoca i compagni di partito. Continua ponendo l’accento sull’eccezionalità dell’anno 2015, nel quale sono arrivati in Germania oltre 1 milione di rifugiati e sulla necessità di instaurare nuove regole, più severe, di respingimento di immigrati illegali. Dal pubblico scrosciano applausi.
Immigrazione, sicurezza interna e controllo dei confini, saranno i temi caldi su cui si giocherà la campagna elettorale. La Merkel sembra abbia capito che per riscattarsi, soprattutto dopo la sconfitta subìta alle regionali, dovrà riuscire a convincere proprio quell’area conservatrice che si è rivolta verso i populisti dell’AfD. Dovrà riuscire, in poche parole, a parlare all’ormai famosa pancia della gente; perché quella conta, eccome.

La Merkel dovrà riconquistarsi il ruolo di leader del centrodestra con un ascendente sul ceto medio, cedendo il testimone della “Willkommenheitspolitik” - tradizionalmente cavallo di battaglia della sinistra - a Martin Schulz, nuovo potenziale candidato dell’SPD, che recentemente ha lasciato la presidenza del Parlamento Europeo. La combinazione fra il riposizionamento dei fronti e l’entrata in gioco di una personalità come quella di Martin Schulz, integra e carismatica, potrebbe rivelarsi l’unica possibilità per la Merkel, di poter sperare nuovamente in un governo di larghe intese.

Minimo comun denominatore dei moderati, sia in Francia che in Germania, è la volontà di voler proseguire sul progetto europeo. L’interrogativo che rimane per molti, è se effettivamente sia arrivata l’ora di giocare la carta della sussidiarietà europea, piuttosto che quella del centrismo dissociativo. Antagonisti di questo progetto sono invece gli euroscettici, Front National e AfD, che vedono nell’Unione Europea il puro esautoramento della sovranità popolare. Per loro l’alternativa è il semplice ritorno ad un’Europa fratturata e settaria.

Rimane una domanda aperta e cioè quale dei due schieramenti riuscirà ad avere la fiducia del popolo. La cosa certa, è che sarà proprio il popolo ad avere l’ultima parola e di questo dovrà assumersene la responsabilità.

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