di Domenico Cosentino

Si è ripreso la rivincita il prosciutto cotto: oggi, fra gli insaccati, è il più amato degli italiani. Comprato e gustato in modo trasversale per età e ceto sociale. E viene consumato in tutte le stagioni; tagliato in fette sottili, spesse o a dadini, sulla polenta o sulle tartine estive, gli italiani lo mangiano più di ogni altro salume; più del nobile “fratello” prosciutto crudo, scegliendolo per bimbi e malati, a patto che non costi molto, sia magro e (soprattutto) a lunga conservazione. E ancora, per via dell’allure di cibo sano e digeribile, che si porta appresso da sempre, il cotto è diventato anche ingrediente – base di omogenizzati e menù per anziani.
Declinato e preparato in cento modi diversi, il cotto dà il meglio di sé in purezza nel panino più fragrante e appena sfornato; democraticamente comprimario in insalate, sughi e farciture; in crosta avvolta in sottile pasta di pane; sulla pizza, con o senza il pomodoro; in gelatina con insalata russa insaporita con capperi; nel frullatore, sotto forma di mousse, insieme a ricotta vaccina e parmigiano; con la pasta: Famosa “la Pasta Tre P” degli anni settanta con Penne, Piselli e Panna; nelle Omelette, preparate con uova biologiche in padella con burro chiarificato. Appena, rappreso, prosciutto e chiusura a portafoglio; infine, in forma di involtini: coscia di manzo tagliata sottile, sopra, prosciutto cotto e lingottini di toma d’alpeggio. Chiusura con stuzzicadenti, poi in padella con extravergine d’oliva e un bicchiere d vino bianco secco.

Prosciutto, ovvero prosciugato
Il suo nome identifica la sua preparazione. Prosciutto, ovvero prosciugato. Risultato che per il crudo si ottiene salandolo e stagionandolo, mentre per il cotto occorre il passaggio al forno. La normativa datata 2005 codifica tre tipologie: cotto, scelto e alta qualità, in base ai tagli di carne, dai ritagli composti ad almeno tre dei quattro muscoli della coscia e all’umidità interna, che nel cotto semplice, grazie a polifosfati e proteine di latte e soia, supera l’80 per cento. Come dire: comprare acqua pagandola per prosciutto, insieme a certe sfumature arcobaleno e all’aspetto lucido, gelatinoso. Eppure, anche l’alta qualità (meno del 75,5 per cento d’acqua) lascia spazio a correzioni non proprio virtuose, tra gli ingredienti - vino, zucchero, aromi e spezie, naturali e no – insaporitoti e conservanti, perché l’asticella, a mio avviso, andrebbe alzata un passo prima, al momento di scegliere le carni.

Due cosce su tre sono straniere
Per colpa del prezzo vergognosamente basso pagato ai nostri allevatori, inferiore a un euro e mezzo al chilogrammo, oggi in Italia, due cosce su tre sono straniere. Ma i produttori e responsabili dei grandi marchi di salumi italiani non sembrano crucciarsene troppo, anzi! Sul sito di alcuni produttori famosi, in special modo nel modenese, dove il viaggiatore goloso, ultimamente, era stato ospite del Consorzio dell’Aceto Balsamico di Modena, ha avuto modo di leggere la seguente frase: “Gli standard sono più o meno uguali in tutta Europa e questo contribuisce a livellare sia l’aspetto qualitativo, che quello della sicurezza igienica delle carni destinate alla produzione di salumi. Al di là dei salumi Dop, l’origine della carne non è determinante né per la qualità né la salubrità del prodotto… il glutammato di sodio viene impiegato con additivo per stimolare i ricettori della lingua aumentando la percezione del gusto della carne”. Ed è così che il Buongustaio, il Consumatore di Prodotti “Presidio Slow-Food” o a Chilometro zero, aggiungo io, è servito!!

Produzione artigianale
Dall’altra parte, invece, sempre nel modenese, ci sono le produzioni artigianali, che sono ancora tante. La famiglia Gino Franceschini che da quasi mezzo secolo lavora nell’ambito gastronomico emiliano, racconta così il suo celebre prosciutto cotto: “Lavoriamo esclusivamente maiali di un piccolo produttore di Spilamberto che li cresce allo stato semibrado con foraggio naturale di cereali e granturco. Prepariamo la salamoia con un decotto di Marsala, spezie, erbe, acqua e sale, iniettato nelle vene delle cosce perché si distribuisca fin ai capillari. Dopo tre settimane di marinatura, cottura in forno a bassa temperatura per ventidue ore. Il calo di peso è di quasi di un terzo, da tredici chilogrammi a crudo a meno di nove, con una percentuale di umidità inferiore al 70 per cento. Il tutto per un prezzo di 39 euro al chilo, che è direttamente, a nostro avviso, proporzionale alla qualità della carne e inversamente alla percentuale d’acqua. Poco, dunque, ma buono! Come si diceva una volta. E per un prosciutto cotto di Alta Qualità, vale ancora oggi”.

Nelle case contadine non esisteva

Dal Crudo al cotto, sostengono a Modena, il passo è breve. A volte però i cotti (sia prosciutto, mortadella e l’antico “salame rosa”) ritornano perché sono comodi. Si tagliano in un attimo, si infilano in una croccante ciabatta, si aggiungono in un ragù istantaneo. Anche se bisogna aggiungere che, in passato, il prosciutto cotto nelle case dei contadini non esisteva. Se una coscia non era adatta alla stagionatura – troppo piccola, troppo magra – veniva tagliata a pezzi, macinata e trasformata poi in salami e salsicce.
È stata l’industria a reinventare (secoli e secoli dopo i celti e i galli Boi che bollivano le cosce suine) il prosciutto cotto. Per la prima volta, appare nel 1866 nella ditta Costante Villani ed Ernesto Cavazzuti, che diventerà la Villani Spa. Il prosciutto crudo era sì un tesoro. Ma bisognava aspettare almeno un anno, prima di affilare la coltellina e fare il primo assaggio. Come per l’Aceto Balsamico Tradizionale era la Rezdora, la padrona di casa, la custode delle Perle Nere, così per il prosciutto, era il capo famiglia a guidare la cerimonia, davanti a figli e nipoti già pronti con un pezzo di pane in mano. Due tre fettine poi la coltellina veniva di nuovo affilata con la “pietra da cote” usata per la falce da fieno.
Il crudo però non sempre è stato il Re della tavola, sia in campagna che in città. Narrano, ad esempio, le cronache che l’altro cotto per eccellenza, la Mortadella, nel seicento costava a Bologna “nove volte più del pane, tre volte e mezzo più del prosciutto, due volte e mezzo più dell’olio”.

Tra salumi, salami, “saiani” e Buffalo Bill
Ma la coscia di maiale cotto – in anni lontani dall’attuale resurrezione – ha prodotto vere proprie fortune a diversi produttori emiliani. Un esempio ci viene dai Fratelli Zappoli: “Stabilimento a vapore fratelli Zappoli 1884”, è scritto, ancora oggi, sull’ex fabbrica di salumi di Porta San Felice di Bologna. I salumi, veri gioielli, venivano cotti al vapore, confezionati in scatole di metallo e venduti, soprattutto negli Stati Uniti d’America. Venivano lavorati quindicimila maiali (tutti allevati in Italia) all’anno. E fu così che gli Zappoli entrarono nell’élite dei ricchi bolognesi. Poi comprarono un grande apprezzamento di terreno, i prati di Caprara, e vi costruirono un ippodromo privato. Ogni anno, spettacolo per tutti i bolognesi. Nel 1890 fu invitato anche Buffalo Bill, con i suoi “Indiani d’America”. Fu in quell’occasione che i cittadini delle Due Torri impararono che il granturco poteva diventare non solo polenta o mangime per le galline e i loro maiali ma anche “pop corn”. Il ricordo di quello spettacolo (Wild West Show) fu tramandato di padre in figlio e nacque anche un detto popolare: “Andare come un Saiano” (correre molto forte) dove Saiano sarebbe la “traduzione” di Cheyenne.
Fra i salumi cotti, oggi, sta ritrovando fortuna anche il “salame rosa”, dimenticato da decenni, fatto con trito scelto di spalla e prosciutto con aggiunta di grasso di guanciale. “Ha il gusto e il profumo di un arrosto”. Essendo saporito – e molto comodo – non è detto che anche lui possa correre come un Saiano, un Cheyenne.


LA RICETTA
Involtini di Prosciutto Cotto


Ingredienti per 8 involtini: otto fettine di coscia di manzo tagliato sottile. 8 fettine di prosciutto cotto, 8 lingottini di toma d’alpeggio (va bene anche altro formaggio), 40 g di olio extravergine d’oliva, 2 dl di vino bianco secco, 8 stuzzicadenti, sale e pepe.
Come li preparo: Sopra le cosce di manzo tagliate sottili, sistemo le fette del prosciutto. Aggiungo i lingottini di formaggio, spolvero con sale e pepe. Chiudo con gli stuzzicadenti. Faccio rosolare in padella con l’extravergine, sfumo con il vino bianco, abbasso la fiamma e lascio cuocere per 10 minuti. Servo i miei involtini su una insalatina fresca e accompagno con un buon bicchiere di vino bianco. Va bene un Soave!