A United Kingdom di Amma Asante

Nella Londra del 1947 studiano legge molti futuri capi di stato africani. Tra loro c’è anche Seretse Kahma, prossimo a rientrare in patria per assumere il suo ruolo di re o capotribù, dopo la reggenza dello zio. Durante una festa alla società missionaria la sua strada si incrocia con quella di Ruth Williams, una giovane impiegata bianca. Tra i due è subito amore ma oltre al pregiudizio interno al paese, presto dovranno affrontare un nemico assai più insidioso: la volontà di un impero che non vuole perdere i suoi interessi sul suolo africano.
Ci sono storie che vale la pena di raccontare, soprattutto in un momento in cui il mondo sembra correre all’indietro, cancellando nella sua corsa da gambero tutti i progressi finora ottenuti in materia di diritti umani e conquiste civili. Una di queste è raccontata con passione - in modo certo convenzionale, ma è uno di quei casi in cui il contenuto può prevalere sulla forma - nel film di Amma Asante (dal libro omonimo di Susan Williams, pubblicato in Italia da Newton Compton), che ha un titolo,A United Kingdom, intenzionalmente ambiguo: rimando ironico al Regno Unito all’epoca della crisi del suo fiero e colonialista Impero e al regno nel Bechuana, stato africano più noto col successivo nome di Botswana, diviso in nome della ragion di stato e degli interessi economici occidentali e riunito alla fine sulla strada dell’indipendenza e della democrazia. Pazienza se anche questa – come leggiamo nei titoli di coda – si trasforma poi in un potere più o meno ereditario, visto che i presidenti del Botswana sono sempre i discendenti di Seretse.

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