di Rocco Lettieri
Tre elementi naturali in perfetta sintonia danno origine in modo unico ed armonico ai vini della Basilicata: la terra vulcanica e fertile del Vùlture, la prolungata esposizione al sole caldo del Sud e l’aria incontaminata delle colline lucane lontane da insediamenti industriali. Oggi come ieri la mano dell’uomo guida tali elementi per continuare con successo la coltura della vite secondo le antiche tradizioni. Questa è la patria dell’Aglianico del Vùlture (DOC dal 1971 e DOCG dal 2010), vitigno pregiato fin dai tempi della Magna Grecia.
La dolce e selvaggia Basilicata
Io lo conosco
questo fruscio di canneti
sui declivi aridi contesi dalla frana
e queste rocce magre
dove i venti e le nebbie
danno convegno ai silenzi
che gravano a sera
sul passo stanco dei muli.
È poca l’acqua che scorre
e le vallate son secche,
spaccate d’argilla.
Di qui le mandrie migrano
con l’autunno avanzato,
per la piana della marina
tuffando i passi nelle paludi.
Di qui è passata la malaria
per le stazioncine del Basento,
squallide, segnate d’oleandri.
Da noi la malvarosa è un fiore
che trema col basilico
in un vaso di terracotta
e il rosmarino cresce nei prati
sulle scarpate delle vie
accanto ai buchi delle talpe.
Da noi si riposa il falco
e la civetta segna la nostra morte.
Da noi il mondo è lontano
ma c’è un odore
di terra e di gaggìa
e il pane ha il sapore del grano.
Mi piace iniziare questo articolo sulla Basilicata con questa poesia di Mario Trufelli, che mi induce a pensare a come erano le condizioni economico-sociali della Basilicata in quei tempi, tali da posizionare la regione tra quelle più povere d’Italia. Eravamo negli anni ‘60. La storia di questa meravigliosa terra ha avuto sempre alti e bassi dovuti a fattori principalmente storici che obbligarono i più tenaci abitanti ad arroccarsi all’interno, sulle montagne, per sfuggire agli attacchi dei diversi popoli invasori provenienti da Paesi quali la Turchia, la Grecia, la Spagna, l’Albania ecc. Come se non bastasse la malaria trovò condizioni ideali nelle terre lasciate incolte per il fuggi fuggi generale dalle zone costiere. I vari corsi d’acqua di cui è ricca la regione, brevi ma irruenti, torrentizi, hanno così potuto scaricare le acque incontrollate nella pianura metapontina dove il proliferare delle zanzare costrinse anche gli abitanti più restii a rifugiarsi nelle più sane e sicure alture, anche paesaggisticamente più appaganti. Queste condizioni hanno però salvaguardato la vera razza lucana con i tratti somatici dalla pelle chiara, capelli castani, occhi scuri; gente mite ma orgogliosa delle proprie radici attaccate ad una terra avara e difficile che loro hanno saputo lavorare, con fatica e caparbietà, per trasformarla, oggi, in una delle più belle e affascinanti regioni.
Progetto Vino di Collisioni in Basilicata
Il Progetto Vino Collisioni on The Road è la sezione del Progetto Vino del Collisioni Festival (che si tiene ogni anno a Barolo, tra musica, letteratura e enogastronomia per professionisti) che porta il suo messaggio di vini e la cultura Collisioni in tutta Italia e all’estero. Il Vùlture e la Regione Basilicata hanno partecipato per alcuni anni al Progetto Vino a Barolo, a Collisioni Festival, portando in Piemonte il vino Aglianico del Vùlture e la sua tradizione vinicola partecipando a seminari e tavole rotonde con i professionisti internazionali.
Lo scorso anno, nel mese di ottobre, un selezionato gruppo di esperti internazionali di vino provenienti da tutto il mondo per un approfondimento del vino Aglianico del Vùlture e della sua cultura, è stato ospite nella terra della sua nascita, nella Regione Basilicata. L’evento è stato organizzato da Collisioni per un panel di esperti di vini invitati dal direttore creativo del Progetto Vino, Ian D’Agata.
Dopo una prima volta nelle Marche, Collisioni Progetto Vino ha ospitato gli esperti del vino a Barile, alle pendici del Vùlture, l’antico vulcano inattivo sulle cui terre venne fondata la città romana di Venusia (oggi Venosa) e dove il terreno lavico e il clima regalano l’ambiente perfetto per la coltivazione della vite, con caratteristiche tanto particolarI da meritare la denominazione specifica per l’antico vitigno autoctono Aglianico, che qui prende il nome di “Aglianico del Vùlture”. Un paesaggio di grande fascino che ha accompagnato gli esperti in un percorso distribuito su 11 cantine, dimostrando il grande potenziale che i vini e i prodotti lucani hanno da offrire agli amanti dell’enogastronomia italiana, ma anche a professionisti internazionali, che già molto apprezzano e riconoscono le potenzialità di questo vitigno.
Visite, degustazioni e tavole rotonde presso le cantine selezionate dal Consorzio, che hanno avuto modo non solo di far conoscere i propri vini e la propria produzione direttamente, ma anche di dialogare con i produttori ottenendo informazioni e consigli in temi di winemaking, di export e marketing, di comunicazione e di promozione. Un’occasione pertanto unica per i produttori di dialogare con un panel così ampio e variegato, ma anche per gli esperti internazionali di immergersi nella cultura e nella tradizione della Regione e di approfondire la conoscenza di un vino che, pur incuriosendo molti, solo negli ultimi anni comincia a consolidare la sua presenza sui mercati esteri, e che merita ancora e sempre più di essere approfondito e comunicato con competenza. Collisioni non manca così di confermare il suo entusiasmo nell’abbracciare sempre nuove opportunità di collaborare con realtà di tutta Italia per valorizzare e comunicare al meglio l’eccellenza enogastronomica italiana all’interno e fuori dai confini del Bel Paese.
Gli appuntamenti, che come si diceva, hanno già visto un evento nelle Marche e numerosi focus educativi in Piemonte, hanno dato spazio per visite anche in Friuli Venezia Giulia, momenti che non mancheranno di sorprendere con nuove iniziative tutte da scoprire durante il 2018. Il Panel di esperti Progetto Vino nel Vùlture era così composto: Ian D’Agata, Senior Editor & Head of Development Europe and Asia di Vinous, Direttore Scientifico della Vinitaly International Academy e direttore creativo del Progetto Vino di Collisioni; Alfonso Cevola (USA); Pontus Jennerholm (Svezia); Anton Moiseenko (Russia); Michaela Morris (Canada); Claire Nam (Corea); Janna Rijpma (Olanda); Luzia Schrampf (Austria); Jan Spener (Slovenia) e chi scrive.
Queste le cantine visitate: Tenuta I Gelsi; Terra dei Re; Di Palma e Strapellum; Colli Cerentini; Donato D’angelo; Cantine del Notaio; Michele Laluce; Terre degli Svevi-Re Manfredi; Cantina di Venosa; Paternoster-Tomasi; Tenuta Le Querce.
La zona vitivinicola del Vùlture
Le valli che partono dal Nord, dalla zona del Vùlture e che si allungano su colline lungo i corsi del Bradano e del Basento, presentano policrome visioni di campi di grano, verdeggianti uliveti, lussureggianti frutteti e vigneti. L’economia regionale prevalentemente collinare e montuosa (solo l’9% in pianura) si basa sulla pastorizia (ovini e caprini) e sull’agricoltura, alla quale nuovi sistemi colturali hanno dato notevole impulso. Ma non si sarebbe potuto portare benefici a questi comparti senza la costruzione di nuove strade e superstrade che hanno permesso di avvicinare l’uomo di campagna alla città per la commercializzazione di prodotti orticoli freschissimi. Il paesaggio lucano presenta una notevole diversificazione di aspetti concentrati in una superficie abbastanza ristretta. I rilievi sono costituiti dalle propaggini più meridionali dell’Appennino, di formazione terziaria, dall’edificio vulcanico del Vùlture, dalle colline argillose. Accanto a questi si ritrovano la pianura costiera ionica orlata dalle spiagge sabbiose del metapontino e la ripida costa rocciosa tirrenica nel golfo di Policastro.
Il paesaggio della collina subisce continue modificazioni a causa dell’azione modellante delle acque di ruscellamento che incidono terreni facilmente erodibili. In alcune aree, questa erosione prolungata nel tempo ha determinato la formazione dei tipici calanchi che caratterizzano soprattutto vaste contrade della provincia materana. Questa parte collinare rappresenta un’emergenza naturalistica particolare ed isolata rispetto alle aree limitrofe, legata alla presenza di un complesso vulcanico spento la cui attività ha avuto inizio presumibilmente nel Pleistocene medio (circa 700.000 anni fa). All’interno del cratere del cono eruttivo sono presenti i due Laghi di Monticchio che si estendono su un’area di 10 ettari. Essi sono separati da cinque metri di differenza altitudinale con un sottile canale istmo per lo scarico del “troppo pieno” e differiscono tra l’altro per la diversa colorazione delle acque. Un tempo decantati da tutte le guide turistiche, oggi abbruttiti dall’incivile comportamento dei turisti domenicali che ne fanno scempio lasciando in ogni dove segni del loro passaggio. Speriamo che qualcuno fra le autorità preposte si ravveda e provveda.
I versanti che degradano dai due laghetti ed i territori circostanti sono coperti da una rigogliosa vegetazione che vede in alcuni frutti anche la salvezza delle popolazioni: castagni, nespoli, mandorli, oliveti, prugnoli, peri e naturalmente viti.
Furono proprio i Greci prima e i popoli Osco-Sanniti dopo, seguiti dai Romani, ad impiantare su questi dolci declivi la vite, il famoso ceppo Hellenico, padre dell’attuale vino Aglianico, un vino quasi inedito, che come la sua terra d’origine, viene da lontano e guarda al futuro, definito il vino nobile meridionale per eccellenza, alcuni si spingono a definirlo il “Barolo del Sud”, ma i lucani preferiscono chiamarlo “Aglianico” e basta e avanza solo così.
La zona di produzione del vino Aglianico del Vùlture ha un suolo singolarmente fertile per l’apporto di materiale vulcanico, ricco di sali minerali, che diventa argilloso procedendo verso Est, nel circondario di Venosa associato ad un’altitudine media intorno ai 400/600 metri, con particolare esposizione Sud-Est, ideale per la coltivazione della vite che attecchisce bene ma fatica a trovare la linfa vitale per vivere. Ecco il segreto per la produzione di uve eccellenti che non arrivano mai al kg per metro quadrato consentito per legge. La resa si assesta a malapena sui 70 quintali per ettaro negli anni migliori. I venti, sempre presenti, non permettono la formazione di muffe e pertanto la materia prima può solo essere rovinata dall’uomo. Si producono uve DOC e DOCG in quindici paesini che sono: Acerenza, Atella, Banzi, Barile, Forenza, Genzano di Lucania, Ginestra, Lavello, Maschito, Melfi, Palazzo San Gervasio, Rapolla, Rionero in Vùlture, Ripacandida e Venosa. Tutte località che hanno qualcosa di storico da raccontare, tutte con torri o castelli, chiese e ruderi del tempo dei romani. A Barile, Maschito e Forenza vivono ancora oggi comunità albanesi che conservano tradizioni etniche e linguistiche proprie. Melfi, Venosa e Acerenza vantano cattedrali e castelli tra i più pregevoli della regione.
Informazioni sulla zona geografica della zona vitivinicola del Vùlture
La zona geografica delimitata ricade nella parte nord della Regione Basilicata, in Provincia di Potenza e comprende un territorio di alta e media collina, situato sulle pendici del Monte Vùlture, vulcano spento, ma attivo fino al Pleistocene superiore, che ha la sua vetta maggiore a 1.327 mt s.l.m. e che degrada progressivamente verso ovest lungo il fiume Ofanto e verso Est sulla piana della Puglia, originando altresì rilievi difformi e diffusi sull’intero territorio in esame. Questo per un’azione eruttiva originatasi a partire da circa 800.000 anni fa e che ha comportato sbarramenti di fiumi, creazione di laghi poi prosciugatisi, alternati a depositi dovuti a scorrimenti lavici e depositi piroclastici, determinando così un’alternanza di sottosuoli di diversa origine quali tufi vulcanici e tufi di deposito arenario. Tufi che, nel caso della vite soprattutto, svolgono un’importante azione di riserva idrica nei siccitosi mesi estivi. L’origine vulcanica e arenaria determinano la presenza di suoli diversi, tutti caratterizzati da evidente presenza di abbondanti formazioni colloidali sicuro presupposto di fertilità. L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 200 e i 700 m s.l.m. con pendenza variabile e l’esposizione generale è orientata verso est e sud-est. Il clima dell’area è decisamente arido nei mesi di luglio ed agosto, temperato nei mesi di giugno e settembre, subumido e/o umido nei mesi di ottobre e novembre periodo, nel quale viene di norma si tiene la vendemmia delle uve Aglianico del Vùlture. Molto significativa è la condizione termica estiva caratterizzata da temperature medie di 25 C°, ma con punte di 35 gradi per via di venti africani che producono un forte effetto disidratante sugli apparati fogliari. La presenza del massiccio vulcanico, determina condizioni di ventilazione importanti con correnti d’aria provenienti dalle coste orientali ed occidentali e per fenomeni di brezza. Ciò permette un abbassamento sensibile delle temperature durante il periodo estivo con importanti riflessi sulla condizione vegetativa delle piante e la produzione fenolica sulle bucce.
Fattori umani rilevanti per il legame uomo-territorio
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino Aglianico del Vùlture DOCG. La coltivazione della vite nell’area del Vùlture viene già descritta da autorevoli autori latini: Plinio, Strabone, Virgilio, Marziale, che testimoniano la presenza di una viticoltura evoluta nella zona fin dal VII secolo a.C. Il poeta Orazio, nato a Venosa, celebra nelle sue Odi le qualità del vino prodotto nella sua terra. L’intero territorio del Vùlture presenta reperti archeologici che documentano la produzione diffusa del vino, quale prodotto inteso come alimento, ma anche strumento di convivialità e di autorevole testimonianza di valore intrinseco tanto da essere oggetto di dono per divinità e personalità qualificate.
La tradizione della vigna che diventa un vero e proprio “giardino” fa sì che il paesaggio venga fortemente caratterizzato da vigneti ordinati e ben tenuti e coltivati, ma anche l’uva si avvantaggia di pratiche colturali che consentono la migliore esposizione e la migliore maturazione dei tannini, molto abbondanti nell’Aglianico. D’altro canto solo una meticolosa preparazione dei vigneti consente all’uva di poter resistere al lungo ciclo vegetativo che si conclude con la piena maturazione in un periodo (ottobre-novembre) quando la piovosità è già alta, l’umidità diventa fattore di rischio sanitario e la neve può rendere difficile la raccolta. L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione: base ampelografica dei vigneti; forme di allevamento e le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso di vini tranquilli, ma strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento in contenitori di legno ed affinamento in bottiglia obbligatori.
Con la pubblicazione a Parigi tra il 1901 e il 1910 del trattato di ampelografia curato da Pierre Viala e Victor Vermorel, in collaborazione con una équipe internazionale di 70 ampelografi, l’Aglianico entra nell’olimpo dei vitigni più conosciuti a livello internazionaleDOCG “Aglianico del Vùlture Superiore”.
Le prime bottiglie a DOCG riportano l’annata 2011 e sono uscite sul mercato nel gennaio del 2015.