Dopo la morte di un immigrato calabrese in Svizzera, due impiegati delle pompe funebri – Jovan, zigano ed ex cantante di Belgrado che crede nella vita dopo la morte, e José, portoghese che crede solo in ciò che vede – percorrono l’Italia da nord a sud per rimpatriarne la salma. I due improbabili compagni si ritrovano così uniti da una missione comune: riportare il corpo di quest’uomo apparentemente senza identità né passato, nella sua patria.
Malgrado esperienze e una cultura diverse Josè e Jovan condividono un sentimento di smarrimento. La Svizzera, loro paese d’adozione, diventa il teatro della loro “nuova” vita, sorta di zona franca dove ricominciare tutto da capo, senza voltarsi indietro. Insieme dovranno affrontare le sorprese e gli imprevisti del viaggio, che offriranno loro anche l’occasione per rendere omaggio al morto e godersi la vita.
Il film di Pierre-François Sauter è una sorta di road movie esistenzialista con il quale il regista svizzero riflette in modo implicito, con grande sensibilità e una sana dose di humour, sull’immigrazione e sul sentimento di perdita delle proprie origini. L’auto diventa una sorta di divano freudiano sul quale sdraiarsi lasciando galoppare il proprio subconscio. I paesaggi che fanno da cornice al viaggio di José e Jovan diventano un non luogo geografico ed emotivo dove liberare i fantasmi del passato, dove anche i silenzi, spesso accompagnati da maestose immagini di strade innevate, autostrade che ricordano il deserto o spiagge notturne, esprimono più delle parole stesse.