La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito del referendum sull’articolo 18 che proposto dalla Cgil puntava ad abrogare le modifiche apportate dal Jobs Act allo Statuto dei lavoratori e a reintrodurre i limiti per i licenziamenti senza giusta causa. Ammesso il quesito sui voucher e quello sulla responsabilità in solido appaltante-appaltatore.
La sentenza di via libera al voto popolare sui quesiti relativi a voucher (i buoni lavoro che il Jobs Act ha ampliato e modificato) e appalti è arrivata dopo un’udienza a porte chiuse sui tre referendum abrogativi in materia di lavoro sui quali la Cgil aveva raccolto 3,3 milioni di firme. Accolte quindi solo in parte le motivazioni del sindacato che chiedeva il sì a tutti e tre i quesiti. Durante l’udienza, durata circa un’ora e mezza, l’Avvocatura dello Stato, rappresentata dal vice avvocato generale Vincenzo Nunziata, aveva ribadito l’inammissibilità dei referendum, come già rilevato nelle memorie presentate per conto di Palazzo Chigi nei giorni scorsi.
Nello specifico, ecco i dettagli dei temi dei tre quesiti. La Corte Costituzionale ha dichiarato: ammissibile la richiesta di referendum denominato «abrogazione disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti» (n. 170 Reg. Referendum); ammissibile la richiesta di referendum denominato «abrogazione disposizioni sul lavoro accessorio (voucher)» ( n. 171 Reg. Referendum); inammissibile la richiesta di referendum denominato «abrogazione delle disposizioni in materia di licenziamenti illegittimi » (n. 169 Reg. Referendum).