L'accademia Aba English presenta una guida con gli anglicismi più trendy per aiutare gli italiani ad orientarsi nella giungla moderna declinata quotidianamente in “itanglese” (o itanglish).
Fors’anche per dare un senso letterale alla volontà rottamatrice, che presuppone l’anelito al rinnovamento, molti i termini inglesi usati per chiamare le leggi approvate dal governo Renzi: una su tutte il Jobs Act, ovvero l’antica riforma del lavoro. Più recente è invece la discussione sulla stepchild adoption, ovvero la possibilità di adottare il figlio del proprio partner. Già da tempo si parla poi di legge sulla privacy e di riforma del welfare.
Insomma, sembra che per essere politically correct o meglio per essere trendy in Italia si debba usare l’inglese e poco importa se il leader sia al governo o all’opposizione, visto che per manifestare il proprio dissenso si organizza un family day. Inoltre, le aziende di nuova creazione si denominano startup; sono nate nuove professioni come quella del Community Manager (gestore delle reti sociali dell’azienda) e quelli che un tempo erano possessori di Partita Iva ora sono diventati dei freelance.
Se invece siamo dipendenti, sappiamo dove lavoriamo esattamente? La nostra azienda è B2B (Business-to-Business, ovvero produce beni per altre aziende) o B2C (Business-to-Consumer, ovvero produce beni direttamente per l’utente finale)? All’interno delle aziende i titoli dei responsabili sono diventati delle sigle tra cui a volte è davvero difficile destreggiarsi: il direttore generale è il CEO (ovvero il Chief Executive Officer), il responsabile del marketing il CMO (Chief Marketing Officer), mentre il CTO (Chief Technology Officer) è il responsabile della parte tecnologica e il CFO (Chief Financial Officer) la persona che gestisce il budget, ovvero la parte finanziaria. In un’ordinaria giornata di lavoro può quindi capitare che il nostro manager (ovvero il nostro superiore diretto) ci chieda un planning (progetto) da consegnare ASAP (As Soon As Possible) e siccome la deadline (data di consegna) è il prima possibile dobbiamo annullare la conference call (riunione telefonica) con il cliente e dire al nostro collega che non possiamo partecipare al brainstorming (discussione di gruppo per raccogliere idee) già fissato per stabilire che il progetto a cui state lavorando è work in progress.
Anche la posta elettronica, mezzo di comunicazione principale oggigiorno, ha un linguaggio proprio spesso di matrice inglese. Se il nostro collega ci fa un forward (inoltro) di un’e-mail in cui appare l’acronimo FYI (For Your Information) dobbiamo stare attenti e leggere il contenuto del messaggio invece di catalogarlo nello spam tra i tanti messaggi che ci arrivano abitualmente.
Tantissime delle parole di origine inglese che usiamo quotidianamente non hanno una vera e propria traduzione in italiano perché sono entrate nella lingua direttamente con lo sviluppo delle nuove tecnologie a cui fanno riferimento. Quando compriamo uno Smartphone (letteralmente un cellulare intelligente) o un Laptop (computer portatile), ci troviamo così a parlare di GigaBytes (capacità di memoria), di RAM (memoria a cambiamento di fase), di Hardware e di Software. Ovviamente al commesso chiediamo anche quanti pixels ha la macchina fotografica incorporata nel cellulare perché è essenziale per i nostri selfies da postare sui social network.
Se invece la moda è la nostra passione, dovremmo sapere che le aziende fanno di tutto perché i propri prodotti si convertano nei must-have (oggetto a cui non si può rinunciare) delle celebrities (famosi) più trendy (di moda) del momento. E se poi vogliamo essere fashion (alla moda) e sembrare più cool (fighi) dobbiamo ricordarci per il nostro look che tutte le tendenze del momento hanno un nome inglese: Hipsters, Heavies, Boho-chics, Hippies, Punks, Geeks e , nel caso della moda non ci interessa nulla, perché la nostra passione è tutt’assorbita dall’informatica, non c’è dubbio siamo dei veri e propri Nerd. Naturalmente, userfriendly. Of course.