Da diversi anni, come di consueto, Josef Feusi, imprenditore e Patron dello storico Hotel-Ristorante Rössli, posizionato a Hurden, sul Lago di Zurigo, a due passi di Rapperswil fin dal 1829, organizza per i suoi “liebe Gäste” svizzeri, una o più Italienische, Gastronomische Woche. Oltre alle specialità culinarie di questa o quella regione italiana, Giuseppe, per gli amici Sepp, ogni anno, invita – facendoli arrivare direttamente dal Piemonte, dalla Toscana, dal Veneto o da qualche altra regione italiana - anche i vignaioli: “Die austrebenden Winzer”, così li chiama i suoi, spesso amici, produttori di eccellenti vini italiani.
Quest’anno prima di stilare il programma per l’anno 2017, l’amico Sepp, che è un inguaribile amante del nostro “Bel Paese”, mi ha telefonato: “Domenico, per il prossimo autunno vorrei presentare ai miei ospiti il Veneto a Tavola e in Cantina. Ma vorrei che non fosse la solita Italienische chüchi o la “Cucina di Giulietta e Romeo” veronese, che nella Svizzera tedesca più di un ristoratore propone ai suoi clienti appena rientrano da Verona, dopo aver visitato Vinitaly! No, vorrei proporre qualcosa di nuovo, di diverso ai miei clienti! Pensi di potermi dare qualche suggerimento? Per motivi di lavoro dal 22 al 25 di febbraio sarò nel Veneto, nelle campagne trevigiane. Se avessi voglia e tempo, potremmo incontrarci e parlarne? Aspetto tue notizie. Un caro saluto Josef”.
Una cucina condizionata dalle acque
All’amico Sepp, che conosco da quasi trent’anni, non solo come importatore di vini italiani di alta qualità, ma anche quale raffinato gourmet, ho risposto che sarei stato molto contento di trascorrere alcuni giorni con lui nel Veneto , e che mi sarei fatto trovare agli arrivi dell’aeroporto di Venezia Marco Polo, in compagnia di un caro amico trevisano DOC: Roberto Zulian, grande “forchetta” e curatore di mostre d’arte, il quale ci avrebbe fatto da guida attraverso le Terre del Prosecco, territorio di fascino particolare, dove lui è nato. Avevo, infine, comunicato a Giuseppe che, per quanto concerneva l’evento gastronomico da presentare nel suo Seepavillon del Rössli Stube di Hurden, ne avremmo parlato con Roberto e, deciso insieme quale tipo di cucina veneta si voleva presentare ai suoi ospiti il prossimo autunno.
Questo per il fatto che, quando si parla della cucina veneta, bisogna tener conto che in questa regione tutto è condizionato dalle acque: alcuni piatti sono legati al mare Adriatico che bagna l’arco lagunare, altri all’immenso specchio del lago di Garda; altri ancora ai grandi fiumi dall’Adige, al Piave e al Po, che, infatti, caratterizzano e ripartiscono il Veneto in differenti situazioni geografiche e climatiche. Dalle alte e impareggiabili vette di color “rosa” delle Dolomiti attraverso le dolci colline trevigiane, vicentine e padovane fino alla fertile e distesa pianura costellata da splendide città e cittadine ricche d’arte, che porta fino al mare, a Venezia e più giù fino ad arrivare al Polesine (con Rovigo) bagnato dal Po che va a sfociare nell’Adriatico. Avevo pertanto concluso comunicandogli che, se solo lo avesse voluto, data la sua ricca varietà, a Zurigo, avremmo potuto presentare una cucina veneta basata sugli inebrianti profumi delle spezie, arrivati dall’oriente e che Venezia diffuse in tutte le altre regioni italiane. In sequenza: bocconcini marinari, i caratteristici cicchetti della città lagunare; i tanti chicchi di risi: tra i primi piatti veneti, il riso offre una infinita varietà di ricette; i Bigoli (pasta lunga, tipo spaghettoni) che i veneti condiscono con le rigaglie di anatra; polenta giallo oro o bianco perla, che accompagna sia pesce dell’Adriatico che le carni degli animali allevati o pascolati sulle pendici delle Dolomiti; baccalà o Stoccafisso (merluzzo essiccato o salato) che ha fatto la fortuna di Vicenza; animali da cortile come l‘oca, l’anatra e la tacchinella che abbondano nella cucina di Padova, città de Santo; delizie di primavera e inverno come asparagi di Bassano e radicchio di Treviso; carciofo dai mille volti; e, per concludere, oltre al Tiramisù, le “fritole” e i dolci fritti, che si gonfiano in allegria, dorandosi in padelle sfrigolanti di strutto di maiale o olio. Se solo avesse voluto, con una tale ricchezza di piatti, per Giuseppe c’era solo l’imbarazzo della scelta!
Lungo la strada del vino, l’Arte incontra il Gusto insieme incrociano la Bellezza
Il territorio che va da Conegliano fino a Valdobbiadene offre un paesaggio nel quale si fondano bellezze della natura e dell’architettura. I pendii dei vigneti, in particolar modo salendo verso Follina, San Pietro di Foletto, Refrontolo o Pieve di Soligo, caratterizzano il territorio dove l’antropizzazione, rispettosa dell’ambiente, conferisce un fascino particolare: Pievi, abbazie e residenze di campagna creano un paesaggio affascinante. Si tratta di un’oasi naturale che, il viaggiatore goloso, in compagnia di Roberto e Sepp, ha raggiunto facilmente in auto attraverso l’autostrada A27 Belluno-Venezia, uscendo a Vittorio Veneto Nord e diretti a Saccol, situato in una piccola area di 106 ettari di vigneto, compreso tra le colline più scoscese di San Pietro di Barbozza e Santo Stefano, nel Comune di Valdobbiadene, dove nascono “I Cru”: quegli spumanti sontuosi che possono fregiarsi del nome di: Superiore di Cartizze.
Un ideale filo rosso unisce le città di Conegliano e Valdobbiadene: è la Strada del Vino, che si snoda lungo le colline e collega i luoghi più caratteristici ed importanti per la produzione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore. Ideata già nel 1938, La Strada del Prosecco, fu realizzata nel 1966, assumendo dal 2002 il nome di Strada del Prosecco e Vini Colli Conegliano Valdobbiadene, per far conoscere ai visitatori la bontà dei prodotti, la corposa cucina di queste terre e la bellezza di questo lembo incontaminato del Veneto.
A Saccol, dove i vigneti sono posti in terreni scoscesi
Visitata, l’Abbazia Cistercense di Santa Maria di Follina, eretta nel XII Secolo in stile gotico, il viaggiatore goloso ha puntato con la sua auto verso Valdobbiadene. Oltrepassato Miane e poi Combai, paese questo famoso anche per la coltivazione di castagne, dove gli abitanti usano farcire le oche nelle feste di fine anno, in tarda mattinata (nel Veneto è l’ora dell’Ombra o Ombreta, L’Aperitivo!) è giunto nel cuore del Cartizze, a Saccol, dove, nell’Azienda Agricola dei fratelli Rebuli, vignaioli da diverse generazioni, tutto faceva intuire (Bottiglie al fresco e Calici pronti) che l’aperitivo, meglio dire la degustazione, sarebbe stata lunga e interessante.
Non solo i vini, nei quali il viaggiatore goloso ha riscontrato profumi che spaziavano dal frutto bianco ai fiori. Anche molta familiarità, tradizione e professionalità ha trovato in questa azienda di viticultori, cresciuti negli anni, senza mai abbandonare le proprie origini. Fondata dal papà Angelo, l’azienda si è consolidata con decisione con i tre figli: Mauro, Paolo e Gianni. A fare gli onori di casa, quel giorno, è stata la signora Mara, responsabile, insieme al marito Gianni di mantenere i rapporti con i clienti esteri. E Joseph Feusi, imprenditore e proprietario della Räber AG di Küssnacht am Rigi, era ed è cliente, ormai da anni, dei fratelli Rebuli, importando le loro “le preziose Bollicine”: il Prosecco D.O.C e il Valdobbiadene Superiore di Cartizze D.O.C.G. Durante la degustazione, messa a punto e servita con grande professionalità dalla signora Mara, il viaggiatore goloso ha avuto modo, per la prima volta, tra le altre bottiglie di Prosecco, di degustare un vino straordinario, nuovo per le sue papille gustative: Le Rive. È questo un prodotto esclusivamente nella versione spumante, che rappresenta il territorio. Il Rive, infatti, è prodotto esclusivamente con uve provenienti da un unico Comune o frazione di esso, per esaltare le caratteristiche che il territorio conferisce a quel vino. Il termine Rive sta ad indicare, nel dialetto locale, i vigneti posti in terreni scoscesi, appunto le rive, ed ha lo scopo di mettere in luce la vocazione e le molte differenze che esprimono le diverse località della Denominazione. Per Il Rive la produzione è ridotta a 130 quintali per ettaro con l’obbligo della raccolta manuale delle uve e dell’indicazione del millesimo.
Una cucina, a torto, considerata povera.
Da alcuni considerata povera, perché basata su poche materie prime locali, la cucina del territorio, denominato anche “Pedemontana trevigiana” (80 chilometri circa in lunghezza) è in realtà una tradizione valorizzata con cura capace di reinterpretarsi senza cedere nelle mode delle Star televisive. La cucina di Conegliano Valdobbiadene affonda le radici nell’epoca in cui gli abitanti delle colline, prima ancora che di pastorizia, vivevano di caccia e dei frutti spontanei del bosco. La selvaggina, ad esempio, ma anche la carne di animali allevati come il coniglio, ancora oggi, è cucinata allo spiedo, arrosto o in umido con il tocio, sughetto, accompagnata dalla polenta. Ad arricchire il piatto, in autunno e durante il lungo inverno, l’ampia offerta di funghi: soprattutto porcini e ciodet, chiodini del bosco. In primavera la cucina si rinnova attingendo alle erbe spontanee dei prati: tarassaco, radici, mesticanze, trasformate in minestre e risotti, vanto della cucina trevigiana, e in delicati tortelli. Questo non esclude che, chi ama il pesce potrà degustare il Prosecco accompagnandolo con specialità dell’alto Adriatico alla brace, al forno o in tecia, oppure spiedini di scampi e molluschi provenienti dalla vicina penisola istriana.
Ravioli di tarassaco, Bigoli all’anatra, Faraona e Conicio in Tecia
Cucina che il viaggiatore goloso ha ritrovato all’osteria tradizionale “Al Forno”, che si trova sulla piazza principale di Refrontolo, dove Roberto aveva prenotato un tavolo per tre persone. La sincera cortesia dell’oste Mario Piol, che il viaggiatore goloso conosce da alcuni anni ormai, la passione per il suo territorio, ricco di prodotti straordinari, son il vero valore aggiunto di questa osteria. Al centro della sala c’è sempre l’ampio fogolar. È questo il palcoscenico di Mario, dove si esibisce rosolando ottimi tagli di carne provenienti da un allevamento biologico di sua fiducia.
In quel contesto di serena e calda familiarità, il viaggiatore goloso ha optato per un menù classico, che da Mario non manca mai: il pastin (una specie di polpetta di carne mista di maiale e manzo) cotto alla griglia accompagnato da una tenera insalata di radicchi, per aprire il pasto. I ravioli ripieni di speck e mirtilli, quale primo piatto, due coscette di coniglio in tecia e polenta, un assaggio di faraona in umido alla veneta accompagnata con un flan di patate e cipolle caramellate. Ha concluso con i dolci della tradizione, tra questi i Biscottini di Mario, abbinati al Marzemino Passito di Refrontolo. Per il vino ci ha pensato Sepp: ha scelto per tutti il Colli di Conegliano Rosso 11 di Gregoletto dell’Azienda Agricola di Miane (TV).
La ricetta
Coniglio in Tecja alla veneta
Ingredienti per quattro persone
1 coniglio di 800 g già pulito e tagliato a pezzi. 40 g di burro, 4 cucchiai di olio d’oliva extravergine, 1 spicchio d’aglio, 5 dl di vino bianco secco, 50 di fegato di coniglio, 1 limone, possibilmente non trattato, Sale e pepe.
Come lo preparo
Faccio rosolare in 20 g di burro e due cucchiai di olio tutte le parti del coniglio, dopo averle salate e pepate, insieme allo spicchio d’aglio. Elimino l’aglio e verso il vino bianco. Abbasso la fiamma e faccio cuocere per 30 minuti circa, controllando che non si asciughi troppo; nel caso, bagno con acqua calda. In un pentolino con il burro e l’olio rimasto, faccio rosolare il fegato velocemente per un paio di minuti. Aggiungo sale e pepe e insaporisco con la buccia del limone tagliata a filetti. Faccio cuocere per un paio di minuti. Incorporo al coniglio la salsa ottenuta circa 10 minuti pria del termine della cottura. Servo il coniglio in un piatto di portata irrorato con il suo sughetto.
PS: Nel Veneto, l’accompagnamento più tradizionale di questo piatto è polenta appena cotta nel paiolo oppure tagliata a fette e grigliata.
Vino consigliato:
un rosso dei Colli di Conegliano e Valdobbiadene. Oppure dei vicini Colli Berici