Donne in carriera: Noemi Batki

I tuffi dalla piattaforma da 10 metri – svoltisi a Kazan – Russia – nell’agosto 2015, hanno visto la nostra Noemi Batki qualificarsi a pieno merito alla partecipazione delle Olimpiadi che si svolgeranno a Rio nell’agosto del 2016. Per conoscere meglio la nostra atleta, che è caporal maggiore dell’esercito, le lasciamo la parola per una breve auto presentazione.

«Ho 27 anni, sono nata a Budapest (Ungheria), mia mamma è la mia allenatrice e tutta la mia famiglia si è trasferita 8 anni fa da Belluno a Trieste soprattutto per favorire me e le mie due sorelle nell’attività sportiva, per cui direi decisamente: sì, i miei genitori appoggiano la mia carriera. Dopo tanti anni di duro lavoro e rinunce sono riuscita a raggiungere un equilibrio psico-fisico che mi ha messo nelle condizioni di potermi liberare delle mie ansie e focalizzarmi sulla massima resa, da quel momento sono salita ai vertici delle classifiche europee. Ho iniziato a gareggiare fin da bambina a circa 8 anni, a 16 sono entrata in nazionale, giovanile ed assoluta, e a 20 sono entrata a far parte del Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito.

Mi sono diplomata al liceo scientifico e sto studiando alla triennale di comunicazione e pubblicità a Trieste.
Fino ad ora ho ottenuto 5 medaglie europee assolute (1 oro, 3 argenti e 2 bronzi), 1 oro alle Universiadi e un 6° e 8° posto alle Olimpiadi rispettivamente di Pechino 2008 e Londra 2012, oltre a 6 partecipazioni ai campionati mondiali, dei quali l’ultimo mi ha regalato il pass per Rio 2016.

Sono fidanzata, ho il desiderio di sposarmi e di avere figli, ma ancora non è un progetto definito in quanto entrambi siamo ancora in una fase della vita in cui è necessario focalizzarsi altrove. Penso che il passo del matrimonio lo compiremo quando avrò terminato la mia carriera sportiva e saremo pronti a voltare pagina
».

Terminata la presentazione, ecco si seguito le consuete domande e le risposta che ci ha dato la nostra atleta.

È difficile essere donna in carriera?
Condivido l’opinione generale secondo la quale per una donna è più difficile far carriera rispetto ad un uomo, a parità di percorsi lavorativi. Una donna avrà sempre molti più impegni quotidiani privati rispetto all’uomo, a meno che non rinunci alla famiglia, cosa che non ritengo dovrebbe succedere in quanto toglie “magia” al vero senso dell’essere donna.

Nella sua esperienza diretta quanto le ci è voluto per sentirsi apprezzata in quanto atleta?
Per quanto riguarda l’ambito sportivo penso che si possa parlare di eccezione. Le cose sono molto equilibrate, perché si parla di un mondo dove ogni persona ha qualità e capacità personali, uomini e donne che nella loro diversità raggiungono una propria singolare eccellenza. Lo stesso vale anche nel mio caso.

Il fatto di essere donna le ha comportato difficoltà particolari?
Pratico uno sport, i tuffi, che per lor natura sono un’attività molto estetica per cui non conta su una maggioranza di atleti di genere maschile. In generale, credo, come ho detto sopra, che sia un mondo abbastanza equilibrato, è vero che ci sono tanti sport riservati agli uomini, ma ne esistono tanti estetici e coreografici che possono esaltare le linee femminili. Quindi credo che ogni persona attraverso lo sport riesca a trasmettere delle qualità legate al proprio sesso senza creare differenze oggettive.

Nel suo percorso sportivo a incontrato specifica diffidenza?
Secondo me la diffidenza verso un donna atleta si presenta solo quando ci si trova di fronte ad esagerazioni in cui essa si vuole paragonare al corrispettivo maschile e fuoriesce dalla sua sfera universalmente idealizzata. Magari, modificando esageratamente il suo fisico oppure proponendo uno stile di vita indipendente e votato interamente allo sport.

Ritiene di aver dovuto superare ostacoli derivati dal fatto di essere donna?
Penso che una donna non incontri grandi ostacoli durante la sua carriera sportiva; almeno fino al momento in cui desidera avere dei figli.

Si è sentita in qualche modo svantaggiata?
Finora non. Come detto nel momento in cui dovessi compiere il grande passo della maternità, dovrò inevitabilmente rinunciare per un periodo di tempo alla mia attività, quindi ovviamente perderò la continuità del mio lavoro.

Vantaggi ne ha?
In generale, no. Mi riallaccio a quanto dicevo prima: in quanto donna, avere un figlio è una benedizione talmente grande da renderlo un vantaggio, anche a scapito di una carriera ininterrotta. In questo senso non può essere considerato nemmeno per un attimo uno svantaggio.

In ambito sportivo, come donna, gode di qualche privilegio?
Credo che il mondo sportivo sia fondamentalmente un mondo di persone educate, uomini e donne che si rispettano per i valori e i sacrifici che condividono. Quindi, una donna tenderà a sentirsi comunque socialmente ben inserita, la buona educazione porterà sempre a rivolgersi a lei con galanteria e gentilezza, perfino sul campo di gara. Oltre a questi aspetti però credo che la donna sia trattata al pari degli uomini, quindi deve lavorare come tutti per ottenere qualsiasi risultato.

Condivide l’affermazione secondo la quale l’intuito sia un privilegio soprattutto femminile?
Le intuito in campo sportivo, per lo meno nella mia disciplina, serve a ben poco. Ognuno ha caratteristiche singolari, ma la nostra natura non ci favorisce o sfavorite rispetto al sesso opposto.

Quanto conta per la donna in carriera l’arte della seduzione? Anche allo stato inconscio.
Essendo i tuffi uno sport molto estetico devo ammettere che anche l’occhio vuole la sua parte. È inevitabile che una ragazza dotata di una bella silhouette, che si mostri sensuale nella quotidianità avrà dalla sua maggiormente l’attenzione del pubblico e potrebbe ottenere giudizi più alti, essendo giudicata da una giuria che esprime voti soggettivi.

È la vittoria la soddisfazione maggiore per una sportiva professionista?
Penso che per me, come per ogni donna, la soddisfazione maggiore sia soprattutto riuscire ad eseguire la gara perfetta, senza rimpianti, e potersi guardare indietro e gioire di tutto il percorso che ci ha portato fino a quel momento. In modo particolare considerando gli infiniti alti e bassi emotivi che rendono la vita di una donna unica e tutt’altro che monotona.

A che cosa ha dovuto rinunciare per affermarsi?
Ritorno a quanto detto in precedenza. Una donna deve occuparsi della quotidianità familiare in maniera completamente diversa rispetto all’uomo, in più ha una riserva di energia inferiore, generalmente. Quindi per sfondare nel mondo dello sport una donna dovrebbe sacrificare inevitabilmente la famiglia e limitare gli hobby che la potrebbero far stancare, in quando nel momento in cui ella si volesse paragonare, professionalmente parlando, al mondo maschile, si troverebbe a dover affrontare richieste elevate per dimostrare di essere all’altezza. Non è il mio caso e ritengo che non sia neppure quello delle colleghe.

Lei trova il modo di praticare qualche hobby?
Per loro natura gli hobby sono una scelta molto soggettiva e come tale vadano individuati in base ovviamente ai desideri personali, tenuto conto del tipo di attività che si pratica. Sono da considerare il tempo libero, gli spostamenti richiesti dal lavoro, gli orari, eccetera… sono molte le variabili, e secondo me bisogna essere furbe per riuscire ad unire l’utile col dilettevole. Personalmente ci riesco.

Ingeborg Wedel

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