Presentato alla Bit di Milano il XII Rapporto sul Turismo del Vino curato da Città del Vino Associazione nazionale.


Nel 2017 previsti in Italia 12 milioni di arrivi lungo le Strade del Vino italiane.
Oltre 2,5 miliardi di euro la spesa dei turisti del vino in Italia, ma il settore soffre di alcuni problemi: la qualità dell’offerta e dei servizi sul territorio e nelle cantine sono disomogenei e non sempre adeguati, la carenza di progetti e finanziamenti quadro, la formazione professionale e la promozione spesso inefficaci. Le difficoltà dei piccoli Comuni e le occasioni mancate, come l’Expo troppo “milanocentrica” che non ha portato benefici, né visite e visibilità a oltre “8 cantine su 10”.


Nel 2015 la produzione italiana di vino è tornata a primeggiare a livello mondiale in termini quantitativi, anche se questa notizia, da molti ritenuta clamorosa, non è altro che l’ennesimo esito di una “gara” in cui Italia e Francia sono impegnate da diversi anni. In termini quantitativi, in altre parole, niente di nuovo sotto il sole, anche se naturalmente il primato di Paese al mondo con la più alta produzione enoica non può che inorgoglire.
Del resto, l’imprenditore di buon senso sa che quello si produce bisognerà pur venderlo e paradossalmente qualche ombra si staglia proprio sul fronte dei consumi, almeno per quanto riguarda quelli domestici, che presentano ormai da diversi anni un costante segno negativo.

Da opportunità a necessità
L’internazionalizzazione del comparto vitivinicolo italiano non è più un’opportunità, ma una vera e propria necessità, resa ovviamente ancor più difficile da una concorrenza sempre più aggressiva, in termini di reputazione (Francia), in termini di rapporto qualità/prezzo (Spagna) o più in generale in termini di più spinto approccio al mercato (un po’ tutti i Paesi del Nuovo Mondo).
In questa continua ricerca della migliore competitività del vino italiano un fondamentale contributo può essere prestato dal turismo del vino, che, nato come attività di promozione della produzione vitivinicola, si sta ritagliando da tempo uno spazio sempre più importante nell’economia sia del vino in senso lato sia del turismo in senso stretto. Questa dinamica è ormai pacifica soprattutto per le cantine del Nuovo Mondo, molto più avanti in termini di wine marketing e wine tourism rispetto alle cantine del Vecchio Mondo.
Il Belpaese, però, può contare su alcune risorse, materiali e immateriali, che lo collocano indubitabilmente tra le prime nazioni al Mondo per potenzialità dell’attrattività enoturistica, che tuttavia spesso rimane non completamente implementata per alcuni problemi di fondo. Infatti, l’assenza di orientamento al servizio, la resistenza alle aggregazioni sul territorio e la difficoltà di comunicare il territorio vitivinicolo nei termini specifici della destinazione turistica sono limiti che ancora oggi frenano un più maturo sviluppo dell’enoturismo italiano.
Il Rapporto presentato a Milano, che copre tutto l’anno 2014 fino al primo semestre 2015, nasce proprio con l’intento di fornire un contributo all’analisi della dinamica economica, imprenditoriale e manageriale delle aziende vitivinicole impegnate (anche) nell’enoturismo, cercando, tramite l’analisi di un campione, di far emergere alcune evidenze che possano fungere da macro-coordinate di riferimento per il governo e la gestione delle attività enoturistiche in Italia. Tra i risultati più importanti del Rapporto, anticipati in sede di presentazione, due sembrano quelli più rilevanti:

1) il valore economico mosso dall’enoturismo in Italia, che sembra confermarsi intorno ai 2,5 miliardi di euro; e
2) i flussi turistici, ormai stimabili, in un risultato quasi eclatante, in una cifra superiore ai 10 milioni, anche se fin d’ora si precisa che si parla di “arrivi” (e non di “turisti”) e che, soprattutto, di tratta di dati derivanti da stime e non da sistematiche rilevazioni sul campo (inesistenti se non impossibili).

In linea con le dinamiche turistiche
Questi dati, a ben vedere, sono molto ragionevolmente in linea con le dinamiche turistiche degli ultimi tempi. In Italia gli arrivi turistici in generale danno segni di rinvigorimento, dopo diversi anni di fiacca, il che contribuisce anche a giustificare un incremento così considerevole degli arrivi in cantina, anche se le ragioni possono essere diverse e non sempre legate alla sola competitività della nostra economia turistica.
Infatti, i tempi non sempre facili dal punto di vista economico-finanziario possono aver limitato le capacità di spesa, spingendo più Italiani a restare in Italia, con maggiore interesse verso altre offerte turistiche, tra cui il turismo del vino. Più recentemente, inoltre, i tempi non sempre facili dal punto di vista della sicurezza internazionale possono aver concentrato le opportunità di scelta, spingendo ancora più stranieri a venire in Italia.
Ampliando la riflessione, in un ragionamento più ampio, queste concause si vanno ad aggiungere all’evidenza più importante: la costante crescita, in termini quantitativi e qualitativi, del tessuto economico legato al comparto vitivinicolo italiano. In tal senso, alcuni sviluppi sembrano inevitabili nell’assecondare quello che avvertiamo come un imminente “boom” dell’enoturismo italiano:

- una maggiore intensità di servizi, anche e soprattutto in collaborazione con i Comuni rappresentativi dei territori su cui insistono le aziende vitivinicole in tutta Italia (altra caratteristica unica del Belpaese);
- una costante formazione degli addetti, soprattutto a favore dell’internazionalizzazione dell’offerta;
- una matura cultura d’impresa per le aziende che facciano a vario titolo parte della complessiva offerta enoturistica, anche e soprattutto nella declinazione più ampia di una cultura dell’imprenditorialità.