di Giovanni Sorge
Per farsi un’idea dell’atmosfera, dice Piero Angela, basta guardare la superficie del mappamondo e pensare alla distanza tra Milano e Varese: è lo spessore della calotta protettiva che consente la vita sul pianeta. In modo altrettanto semplice si chiede Jeff Orlowski nel suo film Chasing Coral: cosa facciamo quando la temperatura corporea aumenta di due gradi? Corriamo subito ai ripari.
Lo stesso andrebbe fatto con la terra, perché per la prima volta una sola specie, l’homo cosiddetto sapiens, ha alterato la composizione gassosa dell’atmosfera come mai successo prima. Ed ad assorbire il 93% del calore atmosferico è il mare. Chasing Coral non si limita a mostrare la meraviglia delle barriere coralline, ma insieme a un’equipe di ricercatori e sommozzatori ha monitorato l’inarrestabile moria di una delle forme più complesse d’interrelazione tra mondo vegetale e animale, cartina di tornasole della (pessima) salute degli oceani.
Il documentario è stato presentato con altri sei il 22 settembre alla 7. edizione del Filme für die Erde Festival: un festival cinematografico e non solo: è un “Kompetenzzentrum”, già insignito dall‘UNESCO, che sceglie i migliori documentari sulla problematica della sostenibilità per mostrarli al maggior numero di persone – soprattutto ai giovani: perché oltre al ricco portale online con molte opere scaricabili (https://filmefuerdieerde.org/) il festival va direttamente nelle scuole (primarie e secondarie). Proponendo un centinaio di proiezioni l’anno e distribuendo gratuitamente DVD a circa 1000 studenti.
Ma di fronte a cambiamenti planetari così complessi cosa può fare, concretamente, il singolo? Lo ha chiesto davanti a 18 sale connesse via stream (in Svizzera e in Liechtenstein) una frizzante Gülsha Adilji a Lukas Straumann e Billo Heinzpeter Studer. E se Studer, copresidente del più qualificato marchio di certificazione della sostenibilità ittica (www.fair-fish.ch/de/) cui non fa difetto una certa aria di lupo di mare, invita a limitare radicalmente il consumo di pesce, Straumann (del Bruno Manser Fonds: www.bmf.ch/de/) risponde: “Il singolo poco o nulla, ma bisogna essere vernetzt, aprire gli occhi, fare domande e informarsi.” E lo dice con cognizione di causa, lui che da anni (come racconta The Borneo Case di Erik Pauser e Dylan Williams) prosegue la missione dell’attivista svizzero scomparso nel 2000 in difesa delle foreste tropicali in Malesia (e dei diritti degli indigeni), ma altresì combatte la rete internazionale di corruzione gestita dal ministro Sarawak Abdul Taib Mahmud, primo responsabile della deforestazione del Borneo, dimessosi – anche grazie alla tenacia e anni di azioni pacifiche del BMF – nel 2014.
Sostenibilità quindi significa anche diritti umani, ecologia, alternative energetiche e abitative, approccio critico al consumismo. E benché la Swisscom, maggior sostenitore del festival, celebri l’ubiquità dei moderni ‘uffici portatili’ (leggi devices), Death by Design di Sue William illustra l’altra faccia di smartphones, tablets et similia: quella della dipendenza psico(pato)logica e dell’impatto ambientale, viaggiando tra Silicon Valley e la Cina, dove il 20% della superficie risulta ormai contaminata da metalli altamente tossici.
Non solo denuncia, ma anche proposte concrete emergono dai Filme für die Erde, perché nell’era del consumismo più spinto si può ripensare alla condivisione e al riciclo (ad esempio dei vecchi devices). E incrementare la biodiversità vegetale e animale nell’ecosistema metropolitano appare ormai la vera sfida urbanistica. È il messaggio di Planet Erde 2: Städte (prodotto dalla BBC con voce narrante di David Attenborough) dedicato agli spesso sorprendenti tentativi di adattamento di diverse specie animali – dai volatili ai mammiferi – negli agglomerati urbani. Riprese straordinarie ci mostrano le ‘battaglie urbane’ tra scimmie a Jaipur, i leopardi di Mumbai, che attaccano animali e talvolta anche l’uomo, e le iene che in una città etiope sono state quasi ‘addomesticate’ (per scacciare gli spiriti maligni). Seguiamo poi le acrobazie di uccelli d’ogni genere; New York ne ospita il maggior numero, ma neanche Roma non scherza: le strane coreografie prodotte da enormi quantità di volatili sui cieli della capitale restano un mistero – pure le tracce restano: dieci tonnellate di sterco al giorno!). Seul risulta la città più all’avanguardia nell’architettura sostenibile, ma fa piacere trovare anche un riferimento al “Bosco verticale”, il ‘vegetalissimo’ complesso residenziale realizzato dallo Studio Boeri a Milano.
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- “Bosco verticale”, il complesso residenziale realizzato dallo Studio Boeri a Milano.