di Augusto Orsi
Nel corso degli ultimi vent’anni nulla di nuovo è stato aggiunto alla biografia di uno dei massimi scrittori del Novecento. Eppure non tutto è stato raccontato dell’avventurosa vita di Hemingway, e soprattutto dell’amore che lo ha legato all’Italia, dalle Dolomiti alla Sicilia.
Addio alle armi è annoverato insieme a Nulla di nuovo sul fronte occidentale del tedesco Erich Maria Remarque tra il più veritiero ed efficace racconto di giovani al fronte durante la Prima guerra mondiale.
Il romanzo epico di Hemingway venne pubblicato nel 1929. Il suo successo in Italia e negli Stati Uniti proiettò il suo autore tra i più grandi narratori del ventesimo secolo. Il suo amore per l’Italia nato sul Carso, quando appena diciottenne guidava le ambulanze della Croce rossa americana, lo accompagnò durante tutta la sua vita e divenne parte della sua produzione letteraria. “I miei scritti dall’Italia hanno quel non so che di special che riesco a mettere solo nelle lettere d’amore”. Il suo amore lo condivise anche con le donne che amò. Per Hemingway l’Italia fu la guerra, le bellezze naturali, i tesori culturali che seppe apprezzare, ma soprattutto le donne, il vino e la gente.
In Hemingway e l’Italia Richard Owen, che per 15 anni è stato corrispondente dall’Italia per il Times, ripercorre per la prima volta tutte le tappe dell’amore che legò indissolubilmente lo scrittore, tra i più grandi del Novecento, all’Italia, dandoci un libro di 215 pagine accurato, ricco di dettagli, di novità e anche di qualche fake news inventata dallo scrittore, che talvolta volentieri confondeva la realtà con la fantasia.
Durante la vita, Hemingway tornò in Italia diverse volte, portandoci anche gli amici e le mogli. La storia biografica che legò lo scrittore all’Italia viene raccontata da Owen in modo circostanziato sulla scorta di tantissimo materiale d’archivio, lettere, testi, annotazioni, interviste a persone che lo conobbero. Perché per Hemingway vita e letteratura erano un unicum. Leggendo il libro di Richard Owen, ci si meraviglia di quanti luoghi conservano ricordi del passaggio di Hemingway: il Piave, Milano, Torino, Taormina, Bassano del Grappa, Genova, Cortina d’Ampezzo…
“È stato nel Veneto che mio nonno è diventato uomo, sperimentando per la prima volta le cose essenziali della vita: il dolore e la paura, in guerra, e poi l’amore e la perdita, che hanno messo in moto la sua letteratura”. Questo ha scritto, tra l’altro, il nipote John Hemingway raccontando il rapporto del nonno con l’Italia . Dopo un viaggio in Sicilia, che rivive nel racconto The Mercenaries e il ritorno temporaneo negli States, per Hemingway fu ancora l’Europa, questa volta Parigi, dove si stabilì con la prima moglie, Hadley Richardson. Ma ben presto il ricordo dell’Italia si fece pungente e Hemingway decise di portare Hadley in Italia, attraversando a piedi il passo del Gran San Bernardo. In seguito, il romanziere tornò sui luoghi della guerra, dove era stato ferito, ma la ricostruzione post bellica lo deluse.
Di Fossalta scrisse: “Una città ricostruita era molto più triste di una devastata. Era decisamente come entrare in un teatro vuoto dopo che il pubblico e gli attori sono andati via”.
Dopo una lunga assenza, vent’anni senza Italia (ma con due mogli in più, la Pfeiffer e Martha Gellhorn) quando vi tornò, nel 1948, la consorte, Mary Welsh, era la quarta e ultima. Poi fu la volta di Venezia, la città gli entrò nel cuore e gli ispirò Di là dal fiume e tra gli alberi. La città dove incontrò anche l’ultimo grande amore della sua vita: la diciottenne Adriana Ivancich conosciuta a Cortina alle soglie dei cinquant’anni, che nel libro trasfigurò in Renata.
In Italia Hemingway scrisse di amore e di morte con delicatezza e passione. Fu qui che maturò e affinò lo stile che lo rese celebre. “Alla storia d’amore tra Hemingway e l’Italia dobbiamo capolavori letterari senza tempo” conclude Owen.
Hemingway e l’Italia è pubblicato da Donzelli editore, Roma.