di Viviana Pansa
Il Commissario agli Affari economici dell'Unione Europea, Pierre Moscovici, precisa che “nessun ultimatum” è stato rivolto all'Italia dalla Commissione, ma che è in corso “una discussione costruttiva” con il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, in merito al percorso per la riduzione del debito chiesta al governo italiano, una volta superata l'incertezza dovuta al passaggio politico del referendum sulle riforme costituzionali. Nonostante le resistenze del Ministro alla richiesta formulata dalla Commissione di un aggiustamento dello 0,2% di Pil alla spesa prevista – una correzione pari a 3,4 miliardi di euro, - la risposta ora va incontro a Bruxelles che, ben consapevole dei pericoli legati alla nostra endemica instabilità politica, aveva sollecitato un percorso scritto e ben definito, anche a memoria di futuri governi, non accontentandosi del generico impegno assicurato da Padoan in vista del varo dal Documento di Economia e Finanza del prossimo aprile. La “manovrina correttiva” in preparazione per inizio primavera potrebbe infatti essere varata anche prima, preceduta da un ritocco sulle accise di carburanti e tabacchi e tagli alla spesa, segnala il Ministro, che vuole mettere al riparo anche il minimo accenno di ripresa economica anticipando che tale correzione non comporterà l'introduzione di nuove tasse ma più lotta all'evasione fiscale.
Toni concilianti sono stati usati da Moscovici nel corso della presentazione delle previsioni economiche invernali anche in merito alla possibile apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per debito eccessivo. “Stabile e modesta” viene definita la crescita della nostra economia, la cui stima per il 2017 è annunciata dello 0,9% e dell'1,1% nel 2018, mentre il 2016 si chiude con un leggero rialzo (+0,9%, rispetto allo 0,7% inizialmente previsto). Positivo l'incremento della domanda esterna, ma permangono rischi al ribasso a causa di “incertezza politica e lento aggiustamento del settore bancario”.
L’Italia resta, dunque, il fanalino d'Europa, unico Paese della zona euro a registrare un aumento del Pil inferiore all'1%, mentre la crescita media è dell'1,6% (eurozona) e dell'1,8% (Ue). Allarme rosso poi per la disoccupazione, che in Italia è ancora troppo alta – 11%, - anche se questa volta Spagna e Grecia stanno peggio. “Ad avvolgere queste previsioni d'inverno è un grado di incertezza particolarmente elevato – ammette Moscovici - dovuto alle intenzioni ancora poco chiare della nuova amministrazione statunitense in alcuni settori strategici fondamentali, come pure alle numerose elezioni che si terranno in Europa quest’anno e ai prossimi negoziati con il Regno Unito” conseguenti alla Brexit.
Si temono gli effetti delle spinte al protezionismo abbracciate convintamente dal nuovo presidente americano, Donald Trump, e le ripercussioni del “populismo anti-europeo”, che lo stesso Trump alimenta quando afferma il vantaggio di posizione acquisito dalla Germania grazie all'attuale valore dell'euro, giudicato più debole di quello reale e dunque eccessivamente favorevole alle esportazione tedesche (ed è vero che la Germania ha chiuso il 2016 con un surplus commerciale da record, di 253 miliardi di euro, e che esporta negli Usa 114 miliardi di dollari di merci, importandone un valore pari a 49 miliardi). La cancelliera Angela Merkel ha però chiarito come la politica monetaria della Bce sia indipendente e, a onor del vero, la prosecuzione del programma di quantitative easing assicurata solo alcune settimana fa dal governatore Mario Draghi, non è caldeggiata da parte tedesca che ritiene il target inflattivo dell'eurozona ormai quasi raggiunto.
“Non stiamo operando alcuna manipolazione dei cambi”; “l'unione monetaria europea è un processo da cui non si può tornare indietro, non è affatto chiaro come potrebbe funzionare un'Europa a doppia velocità”: queste le affermazioni con cui lo stesso Draghi ha inteso restituire un po' di razionalità al dibattito in corso. Un tentativo che appare però al momento assai poco riuscito.