di Viviana Pansa
Inaspettata, una ventata di ottimismo sull'Europa apre questa stagione estiva.
A testimoniarlo il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, che, nel corso di un suo intervento all'Università di Tel Aviv, dove si trovava a metà maggio per ricevere un dottorato honoris causa, ha confermato la progressiva ripresa. “La crisi è dietro di noi – ha affermato il numero uno della Bce sottolineando come la ripresa nell'area euro sia “resiliente”, “sempre più ampia nei Paesi e nei settori” e fondata sulla domanda interna: i dati richiamati attestano rispetto al 2013 cinque milioni di posti di lavoro in più in Europa, mentre sono in fase di miglioramento anche le prospettive economiche globali. A fronte di questo scenario decisamente più incoraggiante ci si avvia a riconsiderare anche l'intervento straordinario del quantitative easing, se l'inflazione al 2%, che si sta progressivamente raggiungendo, verrà considerata stabile e in grado di autosostenersi. Ci si aspetta dunque che, probabilmente in autunno, la Bce annuncerà un percorso per giungere alla conclusione dello stimolo.
Draghi ha anche rilevato come si percepisca oggi “un'onda di energia crescente nella domanda di azione europea comune”. “L'Unione Europea e l'euro hanno sempre avuto il sostegno della maggioranza dei cittadini europei ma, spesso, si sentiva solo l'opposizione vocale a essi. Ora – afferma il governatore della Banca centrale – questa maggioranza silenziosa ha riconquistato la sua voce, il suo orgoglio e la sua fiducia. Solo lavorando assieme, le nazioni dell'Europa possono superare le sfide”. Pur non citando esplicitamente l'esito delle elezioni presidenziali francesi, di certo la vittoria di un candidato come Emmanuel Macron, che ha fatto dell'adesione all'Ue un punto di forza della sua campagna elettorale, è ben presente in questo passaggio dell'intervento di Draghi, che sollecita a proseguire la strada della “condivisione della sovranità” per affrontare sfide impegnative comuni come la sicurezza, le migrazioni e la difesa ma anche completare l'architettura dell'Unione monetaria.
Significativo e corroborante del nuovo corso francese è il fatto che la prima visita di Stato di Macron sia stata proprio a Berlino, dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, funzionale ad un rilancio dell' “asse franco-tedesco” progressivamente indebolitosi a causa del sempre più evanescente François Hollande, soffocato allo scadere del suo mandato presidenziale dalle complicate e drammatiche vicende interne, laddove la crisi economica ha innescato conflitti sociali sfociati anche in sanguinosi atti terroristici, oltre che nel rafforzamento del fronte populista guidato da Marine Le Pen. Nel corso della conferenza stampa seguita all'incontro con Merkel, il neo eletto capo di Stato ha sottolineato la necessità di una “rifondazione storica dell'Europa” e non ha escluso la possibilità di un intervento sui Trattati, tema su cui i francesi si sono rivelati sino ad oggi indisponibili. Tuttavia, sulle due aperture più significative – l'intervento sui Trattati e il progetto degli eurobond – l'attuale ministro dell'Economia tedesco, Wolfgang Schäuble ha già espresso le sue perplessità, prospettando piuttosto la creazione di un Fondo monetario europeo attraverso lo sviluppo del Fondo salva-Stati (Esm). Un'impronta esplicitamente europeista è stata data anche al nuovo governo francese, formato da personalità come l'eurodeputata Sylvie Goulard alla Difesa e Marielle de Sarnez agli Affari europei, mentre il Ministero degli Affari Esteri è stato ribattezzato Ministero dell'Europa e degli Affari Esteri.
Un nuovo impulso al rafforzamento dell'Europa potrebbe giungere ora anche dalla debolezza della posizione del nuovo presidente americano, Donald Trump, che si è mostrato sin dalla sua campagna elettorale poco interessato all'alleanza transatlantica e ad appoggiare il processo di integrazione del vecchio continente. Rilevare l'assenza o lo scarso interesse del tradizionale alleato al di là dell'Atlantico potrebbe realmente determinare un risveglio dell'Europa e una reazione alla narrazione oggi sempre più diffusa del suo irreversibile declino.