“Tutto ciò che resterà della mia vita è quello che ho scritto.” Qualcuno l’ha detto pensando a se stesso, però sono parole che si adattano anche a me. Ho sempre voluto scrivere. Alla fine della scuola media, andavo per i tredici anni, mio padre Ernesto mi regalò una macchina Underwood di seconda mano, dicendo: “Vedi un po’ se la sai usare”. Mia madre Giovanna mi mandò a una scuola di dattilografia. Ma dopo un paio di lezioni, chi la dirigeva le spiegò: “Giampaolo ha imparato subito quanto gli serve. Non butti via i suoi soldi”. Ho cominciato a scrivere nell’estate del 1948 e da allora non ho più smesso. Nell’ottobre 2015 di anni ne ho compiuti ottanta. E ho deciso che potevo permettermi questo libro.
Non oso definirlo un’autobiografia, parola pomposa. Allora dirò che è il racconto personale di un vecchio ragazzo destinato a fare il giornalista. (…) Ho lavorato in tanti giornali, un buon posto di vedetta per osservare l’Italia. L’ho narrata e la narro seguendo un’inclinazione che, nel passare degli anni, si è accentuata: quella del rompiscatole. Un signore che non gli va né di comandare né di obbedire. E cerca di vedere le cose con un occhio insolito. Inoltrandosi su terreni che nessuno voleva esplorare, come è accaduto per la guerra civile e il sangue dei vinti. Ho descritto tante Italie che cambiavano, ras politici trionfare e poi cadere, bande armate pronte a uccidere, terrorismi che nascevano e mutavano, per ultimo quello del Califfato islamico. Ho avuto spesso paura, ma in fondo ho vissuto e mi sono persino divertito. Spero che Il rompiscatole diverta anche quanti lo leggeranno. (G.P.)
Giampaolo Pansa; Il rompiscatole. Rizzoli; pp 400, € 20,00.