Sogno una scuola come un gran teatro della vita

di Augusto Orsi

Con il nuovo anno scolastico 2017-18, il CISA (Conservatorio Internazionale di Scienze Audiovisive) festeggia 25 anni di attività formativa e, con lo Studio Post diploma si insedia nel neo Palazzo del Cinema a Locarno. Un traguardo e una ripartenza verso nuovi orizzonti di cui abbiamo parlato con Domenico Lucchini, direttore del Conservatorio.


Una ricorrenza importate che coincide con un cambio di sede. Qual è il significato di questi due avvenimenti?
25 anni di attività formativa per una scuola sono un bel traguardo. In questi anni il CISA, nato già come un conservatorio di scienze audiovisive, è passato da una fase pionieristica, ricordiamoci che allora sul nostro territorio non esistevano né istituti simili né facoltà di scienze della comunicazione, a un primo riconoscimento federale come Scuola Superiore di arti applicate. Oggi il CISA è una Scuola Superiore Specializzata per il cinema e la televisione che si affaccia anche su nuovi percorsi multimediali tenendo il passo con l’evoluzione sia tecnica che dei linguaggi audiovisivi.
Il fatto di insediarsi come sede definitiva, sia con l’anno di post diploma e da gennaio con tutta la scuola, nel Palacinema di Locarno, insieme a altre realtà importanti come il Locarno festival, la Ticino film Commission o altre realtà formative come SUPSI e USI è , oltre a motivo di orgoglio e prestigio, coerente con le prerogative della scuola che ha un indirizzo didattico eminentemente pratico e che quindi si insedia nel contesto di un polo della formazione audiovisiva ma dialoga anche con altri attori della filiera audiovisiva operativi sul territorio che consentono agli studenti del CISA di approcciare la dimensione e la realtà professionale.

Per il Conservatorio, cosa rappresenta essere a Locarno «Città del cinema» in un periodo di creatività e di sviluppo della settima arte verso un futuro prevalentemente tecnologico?
Il termine film è scomparso anche dalla dicitura del Festival di Locarno! Oggi viviamo in un universo diffuso nella globalizzazione dell’immagine. Tuttavia, anche nello sviluppo tecnologico nell'epoca della convergenza, in cui tutti i media tendono a trasformarsi e a confondersi, penso che il cinema non solo sopravviva, ma anzi rifiorisca. Lo incontriamo nelle sale, ma anche nelle nostre case, nelle gallerie e nei musei, sui mezzi di trasporto o nelle sale d'aspetto, sui nostri dispositivi portatili, e in rete. Il cinema si apre a nuovi orizzonti, e insieme mantiene la sua identità, anzi, spesso ritrova le sue radici. Forse si potrebbe coniugare il termine Conservatorio in questo senso e della “città del cinema” farne una “galassia lumière” che è il titolo di un bellissimo libro scritto da Francesco Casetti che tra l’altro ha diretto per tanti anni la Summer School dell’USI al festival.

È stato scritto che Il CISA, tra l’altro, è un laboratorio in cui si sperimentano nuove forme espressive, si realizzano cortometraggi e si impara il cinema facendolo, secondo il metodo del Learning by doing. In pratica, come viene applicato questo metodo?
Il rapporto tra docenti e studenti trae alimento dalla tecnica del Learning by doing con cui il Conservatorio pianifica, accanto alle lezioni frontali, le sue attività di formazione. Viene data molta rilevanza alla formazione pratica, ai laboratori, all’allestimento dei set, alle riprese di immagini del reale e all’offerta anche di stage, che pongono l’allievo a diretto contatto con progetti reali del mondo del lavoro. Se lo scopo del primo biennio è conoscere ed esercitare le principali funzioni creative, progettuali, organizzative per realizzare un’opera audiovisiva, nell’anno di post diploma tutto ciò viene messo in pratica attraverso la realizzazione e produzione di corto- o medio metraggi, dove ogni allievo sceglie la sua specializzazione e il suo ruolo a livello professionale: come regista, cameramen, montatore, fonico, produttore o sceneggiatore.

Qual è il profilo tipo di uno studente che vuole diventare film maker o imparare altre professioni del cinema, essere un creatore di sogni per lui e soprattutto per i futuri possibili spettatori?
Il CISA non è una meta irraggiungibile, è una strada possibile, basta volerla affrontare con le proprie idee e le proprie utopie, con la convinzione di voler arrivare fino in fondo.
I giovani che oggi si avvicinano al CISA sono persone molto diverse, profondamente motivate, che magari hanno già qualche esperienza nel campo e decidono di investirsi in formazione, perché sanno che questa scuola è il punto di riferimento per acquisire la preparazione specifica necessaria a entrare con sicura competenza nel mondo del lavoro.
C’è un'antica controversia intorno alla domanda su cosa può fare una scuola: può insegnare forme o anche contenuti? I contenuti sono un bagaglio personale, il mondo che si vuol raccontare è anch'esso soggettivo: qui lavorando insieme affiniamo le tecniche. A un allievo non possiamo dare i contenuti, però possiamo aiutarlo a sviluppare la sensibilità, il gusto, possiamo indirizzarlo su un percorso che gli è congeniale, possiamo ampliare le sue conoscenze e le sue capacità di analisi e di sintesi sul terreno che gli è proprio. Il gusto si educa, s’insegna a guardare un'immagine attraverso il dialogo, si educa l'attenzione e si comunica un metodo di analisi.
Quello che ci distingue dalle altre scuole è che noi non proponiamo un approccio univoco alla professione, bensì variegato. Cerchiamo di mostrare la possibilità di essere professionisti in modi diversi, poi ognuno sceglie quello che gli è più congeniale. Le opportunità, infatti, sono aumentate. Basti pensare al recente percorso come Producer creativo, una figura di produttore-autore oggi centrale nell’universo soprattutto televisivo e multimediale.

Quali sono gli sbocchi lavorativi per i diplomati del CISA?
Statisticamente più dell’80% dei diplomati del CISA trova un impiego nell’ambito di formazione entro breve tempo dal conseguimento del titolo di studio.
I profili professionali previsti dai rispettivi piani di studi prevedono oggi le seguenti declinazioni: Designer in Design visivo (film),che pianifica e sviluppa prodotti narrativi o di comunicazione, oltre a progettare e realizzare prodotti multimediali. Padroneggia tutte le fasi della produzione e sa di volta in volta sia elaborare un progetto complessivo, sia concentrarsi individualmente, oppure in team, su un'unica fase del lavoro. Collabora con professionisti del marketing, programmatori di video e fotografi, confrontandosi con produzioni televisive o cinematografiche;
Filmaker, professionisti che operano nel settore cine-televisivo. Questa professione, nata negli ultimi anni con l'avvento di soluzioni tecnologiche alla portata del singolo, include una serie di professioni in una sola: il filmaker è, infatti, esperto di sceneggiatura, regia, ripresa, sound design, produzione e montaggio o post-produzione. Si specializza in almeno uno di questi campi. Sa utilizzare le ultime tecnologie, dall'HD ai software di montaggio, per produrre documentari, videoclip, cortometraggi di finzione ed elementi multimediali.

In che modo il CISA è, o potrà diventare, competitivo con altre scuole di cinema in Svizzera e all’estero?

È necessario che la scuola non sia più una monade chiusa, senza finestre sul mondo, ma che si apra al confronto con altre realtà e istituzioni dell'audiovisivo: altre scuole, le televisioni, per esempio la neocostituita Accademia della RSI, ma anche associazioni di categoria come i produttori indipendenti, o associazioni "mantello" come il CILECT. E in questa direzione ci siamo mossi, creando anche un laboratorio per la formazione continua e la ricerca, così da concepire la scuola come luogo in cui, oltre alle tecnologie, si perfezionano i modi della comunicazione grazie a un'organizzazione più flessibile verso le esigenze che provengono dal mondo esterno. I primi risultati ci sembrano confortanti.
Il CISA ha in atto due convenzioni di collaborazione: con la EICTV di Cuba e con la Scuola nazionale di Cinema di Roma. Con l’EICTV si sono svolti in questi ultimi anni attività di scambio di studenti e coproduzioni di film, mentre con la SNC si sono svolte attività di co-progettazione e presentazione di film.
Il CISA aderisce poi da tre anni al Cilect, l’organismo di coordinamento internazionale delle scuole di cinema e televisione, che accoglie circa 160 scuole e Università di settore d’eccellenza al mondo. Questo riconoscimento consente alla direzione del CISA di partecipare a importanti seminari settoriali (Los Angeles, Barcellona, Monaco, Lillehammer, Zurigo) che sono fondamentali per intessere contatti, avviare scambi e aggiornamenti di ordine pedagogico-didattico.
Anche grazie a questo label raggiunto, la visibilità del CISA in questi ultimi anni è sensibilmente accresciuta: basterebbe citare in proposito l’invito a partecipare con una serata dedicata al tema dell’acqua all’EXPO universale di Milano o il recente invito a presentare una lecture presso l’ambasciata svizzera di Washington nell’ambito della Settimana della lingua italiana nel mondo.

Come vede il futuro del CISA sul piano accademico, ma anche su quello economico?
Non bisogna più parlare di cinema da un punto di vista economico, se non come parte dell'industria dell'audiovisivo e, da un punto di vista culturale, come parte di eccellenza senza dubbio, ma pur sempre parte di una narrazione audiovisiva, che comprende ormai anche altre forme, non meno significative da un punto di vista estetico.
Una scuola destinata a formare gli autori e i professionisti del futuro non può non porsi il problema di una continua revisione della didattica che, abbandonando vecchi schemi, sappia estendere il proprio intervento anche a questi nuovi linguaggi.
E in questa direzione intendiamo muoverci favorendo una formazione più articolata che consenta a ogni autore o professionista diplomato in questa scuola di sapersi misurare con le diverse forme narrative dell'industria dell'audiovisivo.
Come limitare il dominio di una razionalità calcolante, strumentale e pragmatica così invadente che oggi governa molti dei nostri percorsi e programmi formativi? Come sarebbe bello pensare alla scuola in tutti i suoi livelli, dalle primarie all’università, come a una vera e propria “fabbrica dei sogni” o almeno a una fabbrica in cui sia ancora possibile sognare.
Amo pensare a una scuola che dia più spazio, non secondario o solo “cosmetico” ad altre forme del conoscere e del comprendere, da quella immaginativa, a quella sensibile, a quella poetico-narrativa. Forme della conoscenza, dalla comprensione all’intuizione che necessitano di luoghi, di pratiche e di parole diverse da quelle espresse dal mero pensiero del calcolo, della misura e dell’utilità strumentale.
Il CISA del futuro, con la sua presenza viva e intraprendente nel contesto del Palacinema, nell’asset di Polo dell’audiovisivo e di casa del Locarno Festival, aperto al pubblico e agli incontri nei suoi spazi funzionali e le sale cinematografiche, potrebbe diventare questo “sogno ad occhi aperti”, gran teatro della vita, come lo intendeva Calderon della Barca.