“I problemi si risolvono dietro le quinte sul palco va in scena il grande spettacolo”
di Giangi Cretti
È donna: ulteriore testimonianza che i luoghi comuni sul connubio donne-motori hanno fatto il loro tempo. Giovane: eppure ha alle sue spalle una solida esperienza professionale a livelli dirigenziali, quasi tutta maturata nel settore automobilistico: al di là (in Canada) e al di qua (la più recente in Austria) dell’Atlantico. È poliglotta: e questo si spiega anche con l’esperienza fuori dai patri confini. È napoletana: e questo la rende duttile (“sono progettata per essere adattabile”).
Da poco meno di tre mesi dirige il gruppo FCA in Svizzera. L’abbiamo incontrata: con cortese disponibilità ha risposto alle nostre domande.
In Svizzera da poco più di due mesi. Anche se non sono ancora trascorsi i primi cento giorni, quelli canonici per fare un primo bilancio, qual è stato il primo impatto con questa nuova realtà?
Rispetto alla mia recente esperienza in Austria, potrei parlare di una situazione completamente diversa, seppur con apparenti similitudini, anche linguistiche, ma marginali. La Svizzera è un paese a sé, completamente diverso. Mi trovo confrontata con una sfida molto interessante; c’è molto lavoro da fare, perché noi vogliamo migliorare e diventare ancora più bravi: bravi dove non lo siamo stati finora, bravissimi dove bravi lo siamo stati.
Significa che ci sono margini di miglioramento?
Sì. Come in tutte le cose. Io sono una che vede il bicchiere mezzo vuoto; è quasi una malattia. Non sono pessimista, tendo semplicemente a vedere sempre cosa manca per fare meglio.
Prima di entrare nel merito di quelli che sono il suo ruolo e la sua responsabilità professionale, quali sono le prime impressioni di questa avventura elvetica?
Io sono napoletana, quindi sono progettata per essere adattabile; questo per me è un vantaggio, soprattutto in un posto come la Svizzera che funziona diversamente. Dove vige un sistema di regole che non è intuitivo per me: banalmente dagli aspetti amministrativo-burocratici agli aspetti più pratici. Però non soffro il sistema, questo è molto importante, anzi, mi ci confronto per capire meglio come funziona.
Sempre dal punto di vista umano, anche il rapporto con i concessionari, all’inizio, mi ha lasciato un po’interdetta: laddove mi aspettavo una reazione entusiasta ho dovuto rendermi conto che il silenzio può significare magari che tutto vada bene; in quel silenzio c’è la fiducia che tu possa fare meglio. Però, come detto, non ne risento, mi interessa molto approfondire sempre di più la mia conoscenza di questa nuova realtà. D’altronde, in generale il lavoro importante che noi siamo chiamati a fare, soprattutto quando ci sono delle differenze culturali come quelle che affrontiamo in questo caso, è di decodificarle per comprenderle, in modo da essere pronti a cogliere le opportunità che vengono offerte.
Tutto sommato, un impatto che presenta elementi positivi?
Certamente. Il più grande valore, anche da un punto di vista commerciale, è l’affidabilità. I miei partner sono partner che mantengono la parola ed io sono una che mantiene la parola. E questo non è per niente scontato.
Ecco che il discorso scivola naturalmente nella dimensione professionale. Com’è andata l’anno scorso?
Siamo andati bene. Il Gruppo è andato bene, le concessionarie hanno migliorato la loro performance. Noi diamo grande valore ai concessionari: quando sono soddisfatti, è un passo importante verso la soddisfazione del cliente. Io ambisco ad avere clienti molto soddisfatti.
Un bilancio sostanzialmente positivo. Quali sono i marchi che hanno dato maggiori soddisfazioni?
Jeep, Fiat e Abarth. Anche i veicoli commerciali sono andati bene, Alfa Romeo ha mantenuto. La nuova era di Alfa Romeo comincia quest’anno…
… invece Lancia scompare dal mercato svizzero?
Sì, per il momento sì. Dico per il momento, per due ordini di motivi: perché un brand come Lancia non muore mai; si smette di fare macchine, ma il brand c’è sempre. Poi il nostro Gruppo è molto dinamico; oggi non ci sono progetti aperti su Lancia, però chissà come sarà il futuro.
Uno sguardo allo scorso anno, ma anche all’anno in corso: l’apprezzamento del franco rispetto all’euro, in che modo ha inciso sui risultati del Gruppo?
Il mio predecessore è stato bravo, perché è riuscito a reagire immediatamente. Noi siamo stati tra i primissimi a reagire in meno di una settimana, abbiamo portato alla nostra rete un concetto di pricing che rispondeva allo shock. Quello che succede però è molto complesso per noi più che per un concessionario, perché la struttura dei margini cambia completamente. Al cliente ovviamente non interessa. Noi vendiamo delle cose che hanno valore per i clienti, no? Ma non esiste il valore assoluto: il valore è un concetto relativo, ed è relativo alla percezione del cliente ed anche al contesto. Il cliente ha percepito delle riduzioni di prezzo e pretende che l’offerta si muova in questo modo, ed è difficile non seguire le aspettative dei clienti. Questo implica delle azioni che ovviamente comprimono il margine: è una grande sfida per il settore. Il punto è che noi non vediamo i dati degli altri importatori, e neanche loro vedono i nostri. In Europa ci si può confrontare solo superficialmente, e anche in Svizzera è così. È una cosa molto dura per il settore dell’automobile, che i costruttori non si possano confrontare in modo strutturato e quali-quantitativo.
Si potrebbe, in casi come questo, definire una strategia condivisa?
Sì certamente, io la vedo così: per l’economia del paese, non per fare interessi particolari, e in nessun caso contro gli interessi del cliente. Infatti, sul lungo periodo l’assenza di un approccio strategico comune dà al mercato un potere molto grande, perché è il mercato alla fine che decide il prezzo e tu devi seguirlo. E cosa può succedere? Può succedere che si indeboliscano le reti e che magari il servizio ai clienti ne risulti penalizzato. Oppure, diminuisce il prezzo del prodotto, ma aumenta il costo del servizio, penalizzando comunque il cliente. Oppure ancora, che si abbassino i valori residui, per cui quando il cliente rivende, perde: ha fatto solo un deal apparente all’inizio. Io non ho né il potere né la statura per trattare in modo definitivo questi discorsi, ma, secondo me, è quasi un’esigenza di politica economica affrontare questi temi.
Rivenendo al discorso del franco forte, quindi al rapporto coi paesi vicini: in qualche modo siete stati penalizzati dalla tendenza, che il cliente ha, di andare ad acquistare direttamente, che so: in Germania, anziché in Italia?
Sì, però nell’ultimo anno di meno, visto che anche le contromisure commerciali, implementate si sono rivelate efficaci. La mia opinione è che i fenomeni si autoregolano. La verità è che in particolare in questo paese ci sono delle strutture importanti che per mestiere fanno leva sulla differenza tra la Svizzera e il resto del mondo. Evidentemente queste strutture parallele sono forti, e finché nel fare leva sulle differenze vedranno delle opportunità continueranno a farlo. Per la stessa ragione è comprensibile, anche se formalmente non giustificabile, il modus operandi di quei piccoli rivenditori che si trovano vicino alle frontiere. Quello che è molto pericoloso e cambia i termini del discorso sono i nuovi sistemi di informazione. Perché, finché non c’era l’uso diffuso di internet per scopi promozionali, i mercatini di frontiera o questi importatori si limitavano al loro raggio d’azione, la loro base clienti era circoscritta. Nel momento in cui basta inserire una macchina su internet ad un determinato prezzo, ipotizziamo molto basso, s’innesca un processo che influenza la definizione del valore di quell’auto, rendendolo assolutamente relativo. E questa è una nuova sfida per tutti.
Un altro elemento che potrebbe essere ulteriormente penalizzante è la normativa svizzera sulla limitazione delle emissioni di CO2. Prevede multe salatissime per chi eccede i limiti. Penalizza, ha penalizzato il risultato del Gruppo?
No, per il momento no. È chiaro che questo tipo di fenomeni va visto in diacronia, sul medio-lungo periodo. Solo così si può effettivamente misurare l’impatto di queste variabili esogene.
Torniamo all’anno in corso. Come Gruppo ci sono parecchie proposte nuove: la Tipo, l’Alfa Romeo Giulia…
È molto importante quest’anno per noi. Un anno di grande opportunità, e al contempo di nuove sfide.
Per quanto riguarda gli obiettivi di quest’anno: sono, quanto meno sulla carta, favoriti dal fatto che avete delle novità, in cui credete molto immagino.
Abbiamo un programma veramente pieno. Stiamo lanciando nuovi prodotti e i nostri concessionari sono molto contenti. Dal Salone di Ginevra, da quando ho iniziato ad oggi, con loro abbiamo un dialogo rinnovato e forte. Nonostante le questioni che uno ha dietro le quinte, sul palco va in scena un grande spettacolo. La mia ambizione: risolvere dietro le quinte e sul palco avere un grande spettacolo. È questo il mio lavoro.
A contribuire a questo risultato, primo fra tutti - perché è una forte emozione che il nostro Gruppo sta vivendo - è il lancio della nuova Alfa Romeo Giulia. Gli ordini stanno ormai entrando e noi ne siamo molto felici.
I tempi di consegna per la Giulia?
In Giugno iniziano le consegne e abbiamo segnali molto positivi sul lato ordini.
Vi siete posti degli obiettivi numerici?
Io sono scaramantica. Vogliamo aspettare un po’. Noi siamo fermamente convinti che per quanto amiamo l’Alfa Romeo in Svizzera, per quanto è straordinario il prodotto che stiamo portando, possiamo avere delle belle soddisfazioni. Ma bisogna lavorare bene, e questa è la sfida. E Alfa Romeo, forse, alla fine dell’anno mi darà anche un’altra soddisfazione. Vediamo, forse riusciremo ad avere una sorpresa, per fare questo regalo di Natale alle concessionarie; è un altro prodotto che vorrei avere prima degli altri.
E Fiat?
Anche per Fiat quest’anno è un anno importante: torniamo con una famiglia di prodotto su cui siamo forti, e che è proprio nel nostro DNA. Un prodotto funzionale e smart: la famiglia Tipo. È già partita la Sedan, in giugno usciamo con la versione Hatchback e a settembre arriviamo con la Station Wagon. È una Fiat intesa come una macchina che ha un rapporto qualità prezzo molto interessante, con una funzionalità assoluta e anche un design sobrio, bello, italiano. Per la Sedan non c’è mercato qui, anche se si tratta di un bel prodotto, un’ottima vettura che sta vendendo bene in Italia. La Hatchback è bella: l’ho vista su strada a Torino e sono sicura che ci darà soddisfazione. Abbiamo inoltre la Spider, e anche lì ci aspettiamo un buon successo. Per quelli che amano lo spider più sportivo, c’è la versione Abarth, più aggressiva, più costosa, veramente speciale. Questo è un più di un revival, perché facciamo rivivere dei prodotti che hanno una storia lunga e bellissima reinterpretandoli.
Per Fiat abbiamo ancora un upgrade sulla gamma 5oo, e per Abarth la nuova 595, evoluzione dell’icona del brand che, dal 2008 ad oggi, ha conquistato appassionati a livello globale. La maggiore novità di questa vettura è l’aumento di potenza del motore 1.4 T-jet che equipaggia le versioni 595 con 145 CV e 595 Turismo con 165 CV. E non dimentichiamoci della Fiat 500X, che abbiamo lanciato nel 2014 in Svizzera, e della Jeep Renegade, nata sulla stessa piattaforma della 500X e che l’anno scorso per la prima volta ha superato il nostro campione di vendite Grand Cherokee.
Settore professional?
È un settore che a me sta molto a cuore, perché, e insisterò con i nostri partner nei prossimi mesi, si possono fare soldi. Noi possiamo creare una rete che ci segue, solo se abbiamo una rete che è economicamente soddisfatta. Su Fiat Professional abbiamo dei margini di crescita. Portiamo quest’anno una novità importante, il nostro Pickup Fullback. Inoltre lo Scudo avrà il suo successore, il Talento. E anche per il Fiorino ci sono novità, mentre il nuovo Fiat Ducato – nostro indiscusso Market Leader in Europa – è conforme alla normativa Euro 6 sulle emissioni inquinanti. Insomma, ci sono vari eventi di prodotti che però dovremo probabilmente collegare a delle misure di rete, per poter essere più efficaci. Quanto mi ci vorrà non lo so, io vorrei tutto domani. Ho l’ambizione di fare succedere le cose bene e il più presto possibile.
Vari marchi hanno delle proposte forti. Quindi, obiettivi di vendite piuttosto alti?
È difficile valutare l’impatto. Io mi aspetto un anno buono. Per me la bontà dell’anno non è semplicemente raggiungere gli obiettivi di vendita, perché quelli potresti anche non raggiungerli. Per me è avere una rete che è soddisfatta di rappresentarci. In questo senso, sono convinta che avremo un anno buono, perché io lavorerò per fare di tutto con la mia squadra per raggiungere questo risultato.
Piccola curiosità: l’accordo FCA con Google che messaggio lancia? In generale ovviamente, visto che non credo che il mercato Svizzero ne sarà influenzato.
No, il mercato svizzero non sarà influenzato da questo, se non sotto un aspetto che non bisogna trascurare: sono dei segnali ai nostri partner che dicono che noi non stiamo a guardare. Ognuno si sviluppa nel modo che ritiene più opportuno. Questo è il momento in cui tutti i marchi stanno cercando il proprio posto nel futuro. Ed è così, adesso c’è chi già ha la tecnologia, c’è chi la deve comprare, c’è chi non ha il tempo di svilupparla, c’è chi ha investito sull’elettrico e chi ha investito sulla guida autonoma. Una partnership di questo tipo da un riflesso che non richiede commenti e segnala che noi ci muoviamo, e nella direzione più avanzata possibile. E sicuramente questi accordi ti permettono di condividere tecnologie che da solo non riusciresti ad acquisire in breve tempo. Quindi, dà un vantaggio competitivo ad entrambe le parti.
È ovvio che Marchionne non ha fatto l’accordo con Google tanto per fare, s’intuisce che dietro c’è la volontà di sperimentare quelli che saranno gli scenari futuri.
Noi siamo fortunati, perché abbiamo un capo molto forte.
C’è chi lo accusa di essere un grande accentratore…
Se i risultati sono positivi, sarà forse in parte anche per questa sua caratteristica? A volte devi accentrare, a volte devi delegare, a volte devi fare l’una e altre volte l’altra cosa, no?
Lei com’è?
L’uno e l’altro. Io voglio vedere anche i dettagli, perché, soprattutto all’inizio, io devo sapere come trasmettere ai miei collaboratori il mio modo di pensare. Per aumentare la mia capacità d’intervento loro devono potermi sostituire, che non vuol dire essere dei cloni, assolutamente. Poi io imparo anche molto da loro.
Il suo rapporto con l’automobile?
È simile a quello di un’esplorazione che ti sorprende tutti i giorni. La mobilità sta cambiando; e vedrà che cambieremo tutti, cambieremo pelle, – torno a ripetere – ma dobbiamo essere bravi. Il nostro Gruppo è bravo a cambiare pelle quando è necessario. Quello che oggi ci appare futuristico è più vicino di quanto supponiamo. Pensiamo solo a una cosa: noi siamo sempre connessi; quando ci giriamo intorno, c’è sempre gente che sta al telefono. E se da una parte, si sa di poter essere giustamente puniti se si è al telefono, per esempio, al volante, dall’altra, la gente continua a farlo. Vuol dire che si tratta di un bisogno più forte di altri: mette in pericolo di vita, fa prendere multe salatissime, è una cosa senza senso, si sa di commettere una sciocchezza nel farlo, ma si fa lo stesso. E questo non può essere e non sarà ignorato. Il nostro è un sistema di progettazione e di produzione di prodotti che gli umani utilizzano e proprio per questo i bisogni sono un punto di partenza. Le macchine si costruiscono intorno alle necessità dei guidatori, e se adesso, anche guardando le pubblicità, ci accorgiamo che nel giro di poco tempo si parla più della connettività che non delle caratteristiche del prodotto, che, a dire la verità, sono abbastanza comuni a tutti i marchi, una ragione c’è. E questo processo non si può fermare, anzi, bisogna cavalcarlo.