Italia al top tra i Paesi che offrono pratiche di inclusione per i rifugiati

“La dimensione dell'incontro è un cardine della costruzione della comunità, perché finché io sento numeri e vedo immagini che non mi toccano personalmente non vengo coinvolto. Ma quando io incontro una persona, la guardo, sento la sua storia, costruisco qualcosa con lei e questo cambia anche il modo di pormi nei suoi confronti". Le parole di Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli esemplificano la predisposizione italiana all’aiuto e all’integrazione dei migranti.

E proprio questa voglia di aiutare il prossimo in difficoltà ha portato il nostro Paese al vertice tra i Paesi europei con il più alto numero di "community building", iniziative locali che diffondono la cultura dell'inclusione promuovendo l'intercultura attraverso attività di vario genere con la finalità di agevolare l'interazione tra cittadini e migranti forzati. È quanto emerge dalla "mappatura" con il progetto Best (Promoting best practices to prevent racism and xenophobia toward forced migrant through community building), nell’ambito del quale si è sviluppata la ricerca “I get you”, promossa dal Jesuit Refugees Service Europa.

L'Italia si trova al primo posto con ben 62 iniziative di questo tipo, seguita dalla Francia, che ne conta 55, 50 in Germania, 37 iniziative in Belgio, 31 in Spagna, 20 a Malta, 15 in Romania e 14 in Croazia (dati risalenti a fine luglio 2016). Delle iniziative italiane, 53 hanno portata locale, 7 operano a livello nazionale e 2 a livello regionale. La maggior parte di esse, tuttavia, non è finanziata da fondi pubblici, ma è sovvenzionata da privati. Le attività sono realizzate con meno di 25mila euro l’anno, facendo affidamento su volontari e iniziative di fundraising. I beneficiari sono perlopiù giovani migranti di età compresa tra i 19 e i 25 anni, provenienti da Paesi quali il Mali, la Nigeria, il Gambia, il Pakistan, l’Afghanistan e l’Eritrea.

Le iniziative proposte spaziano da attività “interculturali” ad altre che riguardano il tempo libero, come corsi di cucina, sport, escursioni e tutte quelle occasioni che offrono a volontari e migranti l’opportunità di passare del tempo assieme. Inoltre, il 22,5% delle attività è volto all’apprendimento della lingua italiana, che sia essa insegnata in famiglia, in istituti religiosi o in strutture dedicate.

Alcune tra le organizzazioni più interessanti che offrono questi servizi sono: Casa dei Venti, un progetto comune di Laboratorio 53 e Servizio Civile Internazionale, Tandem, un progetto di Ciac Onlus, Parma, Arte Migrante un network nazionale di iniziative per promuovere l’inclusione sociale attraverso l’arte e l’esperienza fatta a Palermo, e Casa Scalabrini 634 a Roma, un’esperienza di accoglienza in semi-autonomia che fa parte del programma Comunità di ospitalità del Centro Astalli.

Gli effetti di tale collaborazione tra italiani e migranti hanno, ovviamente, maggiore impatto se l’accoglienza è organizzata in piccoli centri e se le strutture non sono isolate, ma ben collegate tra loro o, ancor meglio, se ubicate all’interno delle aree urbane. Una migliore interazione con i migranti da parte della società ospitante è il modo migliore per prevenire l’ostilità e la diffidenza e, allo stesso tempo, agevola un’integrazione più veloce, avvantaggiando così entrambi gli attori di questo scambio interculturale.

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