La Città di Kafka e Zurigo

di Giuseppe Muscardini

Ci piace pensare che dalle carte autografe di Franz Kafka, custodite per sessant'anni a Zurigo, possano riaffiorare i segni degli stimoli letterari di cui furono preda due giovani amici, approdati oltre un secolo fa in Svizzera e provenienti da Praga. Max Brod e Franz Kafka giunsero a Zurigo nell'agosto 1911, per poi spingersi a Lugano dove, oltre a scrivere, si abbronzarono al sole di settembre.

La città sulla Limmat come sfondo: invenzioni letterarie e cassette di sicurezza
Da una recente notizia diffusa dal Corriere della Sera si legge della stravagante ispirazione da cui è stato colto l'avvocato bolognese Carlo Avogaro, che ha scritto e pubblicato un testo letterario per così dire kafkiano. Già autore di altre narrazioni, prevalentemente ambientate nelle aule dei Tribunali, ha immaginato il ritrovamento di un manoscritto di Kafka di cui si ignorava l'esistenza, dando vita così un romanzo dal titolo La città, con l'avvincente sottotitolo de Il quarto romanzo di Kafka.
Confezionato per l'appunto in salsa kafkiana, e riproducendo con compostezza stilistica temi presenti ne Il castello, ne Il processo e in altri racconti, nel testo non si fa mistero del motivo che guida l'invenzione narrativa; anzi, si avvalora l'idea, espressa a chiare lettere in esordio, che Avogaro vuole essere un buon imitatore, animato dal lodevole proposito di richiamare l'attenzione sulla portata evocativa della produzione dello scrittore praghese.
Il titolo assegnato al romanzo di Avogaro, l'accattivante immagine di copertina, il contenuto e la presunta provenienza del manoscritto ritrovato, non possono che richiamare in noi i fatti balzati agli onori della cronaca già qualche anno fa, quando la Stampa annunciò con clamore che parte degli scritti autografi di Franz Kafka erano custoditi nel caveau di una Banca di Zurigo, riposti all'interno di quattro cassette di sicurezza. La vicenda è nota ai più: i preziosi manoscritti furono salvati dall'amico Max Brod dalla distruzione a cui erano destinati per lo stesso volere dello scrittore. Non rispettandone la volontà, Max Brod rese certamente un servigio all'umanità, pur eludendo i suoi doveri di amministratore ed esecutore testamentario, oltre che di biografo ed agente letterario. Ma fu a fin di bene, e come avviene sempre quando le vicende si intrecciano con altre, fornendo a volte spunti ai narratori sedotti dal loro mestiere, nel 1939 Max Brod lasciò i manoscritti in eredità alla sua Segretaria Ilse Esther Hoffe. Questo avvenne poco prima della partenza dalla Cecoslovacchia per raggiungere Israele, dove si rifugiò nel 1939 per non incorrere nei pericoli derivanti dalle inique leggi razziali emanate dal nazismo.

Una controversa vicenda risolta da poco

Poi avvenne ciò che nel 1968, anno della scomparsa di Max Brod, non sarebbe stato possibile prevedere. I materiali manoscritti, che divennero proprietà delle due eredi Eva e Ruth Hoffe, figlie di Ilse Esther Hoffe, e custoditi parte in Israele e parte in Svizzera, furono oggetto di una lunga disputa giudiziaria attraverso la quale Tel Aviv rivendicava il diritto di conservarli presso istituzioni culturali israeliane, per renderli disponibili agli studiosi. Essendo Eva e Ruth Hoffe legatarie della successione di Kafka tramite la loro madre, ricevettero dalla Biblioteca Nazionale d'Israele una formale denuncia, in quanto depositarie di un patrimonio culturale ritenuto di estremo interesse, da non tenere nascosto in attesa di venderlo per ricavarne profitti, ma da consegnare al legittimo proprietario morale: l'umanità.
Apprendendo del percorso di quella pur minima parte della produzione kafkiana, giunta avventurosamente sulle rive della Limmat nel 1956, gli estimatori dello scrittore ceco esultarono, sperando così di saperne di più sulle sue reticenze a condurre in porto editoriale le opere d'inchiostro che erano il frutto di un estro geniale, ma la cui pubblicazione sarebbe stata lesiva della sua irrinunciabile riservatezza. Nelle cassette di sicurezza della UBS di Zurigo si trovavano dunque manoscritti kafkiani che una sentenza della Suprema Corte di Gerusalemme ha assegnato lo scorso anno alla Biblioteca Nazionale di Gerusalemme, mettendo fine al lungo contenzioso. Ma la notizia che più ci interessa in merito a questa vicenda, è che Max Brod si recò più volte a Zurigo, dove si incontrò con Carl Seelig, amministratore a sua volta dell'eredità dello scrittore svizzero Robert Walser. E che la stessa madre delle sorelle Hoffe, aveva tentato di raggiungere Zurigo per mettere in sicurezza i preziosi materiali. Tentò ma non vi riuscì, poiché un'ordinanza dello Stato d'Israele le proibiva di portare all'estero il materiale. Nel 1988 Israele non riuscì tuttavia ad impedirle di mettere all'asta presso la londinese Sotheby's il manoscritto originale de Il processo, acquistato per due milioni di dollari dal governo tedesco ed ora conservato presso gli Archivi Letterari di Marbach.

Due amici ... abbronzati tra Zurigo a Lugano
Di tutta questa controversia legale, terminata con l'assegnazione dei manoscritti alle istituzioni culturali israeliane, resta la serena immagine di due giovani amici di nome Max e Franz che il 26 agosto 1911, spinti dalla voglia di viaggiare, partirono da Praga per raggiungere Zurigo, per poi spingersi a Lugano. Spensierati, sereni, presero bagni di sole sulle rive del Ceresio, gettando nel contempo le basi per una produzione letteraria che li vide protagonisti di una storia d'amicizia, ideata con i presupposti della realtà autobiografica. Decisione che porterà i due a redigere il primo capitolo del romanzo Richard e Samuel, una memoria romanzata del loro viaggio. Luoghi ispiranti, quelli del lago, così come ispiranti furono le escursioni verso le ridenti località del Lago Maggiore e Milano.
Il fidato Max Brod sfruttò la sua potente ispirazione per dedicare all'amico scrittore una lirica dal titolo Lugano-See, pubblicata nel numero di agosto della rivista «März»: Lago di Lugano / a Franz Kafka. / Libellule avevamo sulle gambe, / tese le coppie d’ali iridescenti; /stesi nell’acqua a piè dei muri ardenti / forse eravamo a loro fiori o pietre. / Ma il nostro cuore, amico, esagitato / dall’acerbo ricordo del passato / cercava sfogo con parole tetre. / E sapevamo che, così abbronzati, / della soma medesima gravati / ci saremmo schiariti un’altra volta.
I due amici, prendendo il sole presso lo Stabilimento dei bagni al Lido Nathan di Lugano Paradiso, non potevano immaginare all'epoca che il frutto del fervore creativo di uno di loro avrebbe trovato una temporanea collocazione nella serena Svizzera, né che l'altro avrebbe disatteso la sua promessa per regalare al mondo, salvandole provvidenzialmente dalla distruzione, quelle carte memorabili che una volta edite diventarono opere di riferimento per milioni di lettori. A Max Brod si deve infatti la pubblicazione dei tre romanzi di Kafka. L’auspicio è di vedere presto sugli scaffali delle librerie il quarto romanzo dello scrittore ceco, segnalato dalla critica come inedito e - perché no? - riemerso dal fondo di una delle quattro cassette di sicurezze aperte a Zurigo su ingiunzione di un Tribunale. Questo renderebbe felice lo stesso Carlo Avogari, che nella finzione letteraria ne ha immaginato il ritrovamento, e che i Tribunali li frequenta per mestiere.

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