di Vittoria Cesari Lusso
First lady: è così che ormai, copiando gli americani e ripetendo passivamente le formule proposte dai media, gli italiani hanno preso l’abitudine di designare le compagne di vita dei capi di stato e di governo. I francesi, più affezionati al loro idioma, si sono premurati di tradurre il termine in première dame. Ma, in sostanza, anche loro imitano i costumi USA più di quanto vogliano ammettere. Le first ladies non di rado con il loro charme e la loro eleganza hanno contribuito (e contribuiscono) a indorare l’immagine dei Presidenti. Accade persino che rubino la scena ai loro augusti consorti, accentrando su di sé l’attenzione del pubblico e occupando le prime pagine dei giornali con una profusione di dettagli sui loro abiti e acconciature. Ancora oggi succede spesso di sentire citata la frase che John Kennedy pronunciò in occasione della visita a Parigi nel 1961, quando con efficace understatement si definì l’uomo che accompagnava Jacqueline Kennedy.
Viene da chiedersi come mai nelle democrazie moderne sia dato così grande spazio istituzionale, mediatico, e persino politico, a figure che non sono state elette, se non dal rispettivo coniuge. Provo a formulare alcune ipotesi.
Sarà forse che il legame privilegiato intrattenuto dalle gentili dame con il Capo le fa considerare una importante risorsa umana al servizio dell’equilibrio affettivo (fatto speriamo di fiducia, sostegno e amore…) di chi comanda? Le premure che Brigitte Macron sembra prodigare al proprio giovane illustre consorte paiono avvalorare tale idea.
Sarà forse che la supposta utilità del loro contributo all’immagine pubblica del paese di appartenenza? Ma allora perché i mariti della Cancelliera tedesca Angela Merkel e dell’attuale Presidente della Confederazione, Doris Leuthard, possono tranquillamente tenersi discretamente in disparte?
Sarà forse il fatto che anche nelle repubbliche moderne il «potere» ha bisogno di riti e cerimonie che lo mettano in scena simbolicamente e ostentatamente agli occhi dei sudditi e dei pari, non diversamente dalle vecchie e nuove monarchie? Tali riti richiedono sfarzo, cornici regali, coreografie grandiose. I sorrisi e gli abiti delle first ladies forniscono un contributo importante alla messa in scena.
Sarà forse che le belle donne accanto al potente ne rendono l’immagine più accattivante, seducente e vendibile? Attraverso la complicità dei media, le «coppie regali» contribuiscono in effetti a far sognare i cittadini distogliendoli dalla dura realtà delle scelte politiche.
Tutti ci ricordiamo di Sandro Pertini, settimo presidente della Repubblica italiana. Ma ci ricordiamo di Carla Voltolina? Non mi stupirebbe che molti reagissero con una battuta alla Renzi: Carla Voltolina chi?
Ebbene si tratta della signora Pertini. Si racconta che Carla quando suo marito stava per essere eletto gli disse «Sandro, se ti eleggono presidente, io me ne vado all’estero. Io non verrò mai al Quirinale. Ci rivediamo quando finisci il settennato». Certo, era felice che suo marito concludesse sul colle la sua carriera politica, ma si tenne sempre lontana dai riflettori. Rifiutò persino la carica di presidente della Croce rossa per non essere chiamata “presidentessa”. Riteneva che non fosse giusto che la sua persona venisse confusa con quella del Presidente. Spiegava “Gli italiani hanno eletto Sandro e non me. Io non c’entro niente. A chi mi chiede, per esempio quando sono in strada, se sono la moglie del Presidente, rispondo no, io le assomiglio soltanto”.
Ma erano altri tempi. Carla Voltolina aveva combattuto per la democrazia e la repubblica: aveva quindi un’altissima opinione del valore del voto come indispensabile legittimazione per accedere alle alte cariche pubbliche.
In un’epoca come la nostra, caratterizzata da continue e vigorose rivendicazioni per una sempre più grande parità tra uomini e donne, nonché da molteplici figure femminili che accedono democraticamente al potere e lo esercitano in prima persona con grande dignità e coraggio, stupisce che non ci siano più consorti che seguano l’esempio di Carla Voltolina (oppure, per converso, quello di Joachim Sauer, marito della Cancelliera tedesca. È infatti risaputo che questi rifiuta categoricamente di rilasciare interviste che non riguardino strettamente la sua professione: ovvero quella di chimico e non di “marito di …”).
Invece no! Anche il pubblico femminile sembra apprezzare che i maschi eletti alle somme cariche di Stato siano non solo costantemente accompagnati dalle loro ammalianti metà, ma che a queste venga riconosciuto (e finanziato con denaro pubblico?) un dispendioso e appariscente ruolo di first lady!
Qualcuno sa spiegarmi questo elefante invisibile?