Non ho l’età

di Olmo Cerri

Le storie di ieri per capire la storia di oggi


Quattro storie di migrazione italiana in Svizzera che si incrociano sulle note di una delle canzoni più popolari dell’epoca “Non ho l’età”, di Gigliola Cinquetti. Storie che raccontano di speranze, sogni, solidarietà, ma anche di xenofobia e sfruttamento. Quattro storie di ieri che possono aiutare a capire la storia di oggi.

Carmela, don Gregorio, Gabriella e Lorella non si conoscono ma hanno molto in comune. A metà degli anni Sessanta, al culmine della grande ondata migratoria, sono arrivati in Svizzera. E qui, hanno vissuto gli anni di Schwarzenbach, ascoltando la giovanissima cantante Gigliola Cinquetti, diventata celebre dopo la vittoria del Festival di Sanremo 1964. Quattro storie che si incrociano sulle note di una delle canzoni più popolari dell’epoca e che raccontano di speranze, sogni, solidarietà, ma anche (e soprattutto) di chiusura, xenofobia, clandestinità e sfruttamento.

Era l’anno 1964. Enorme fu l’impatto emotivo che la canzone Non ho l’età (per amarti) e soprattutto l’immagine rassicurante della cantante sedicenne Gigliola Cinquetti - vincitrice del festival di Sanremo, brava ragazza che riaffermava l’importanza della castità delle giovinette, diva e insieme antidiva – ebbe sui tanti migranti italiani sparsi nel mondo in cerca di riscatto economico ed emancipazione sociale.

Ragazzina che, diventata adulta, di quel successo che le rotolò addosso all’improvviso ebbe a dire: “Non ho compiuto, come la maggior parte delle mie coetanee, il consueto percorso della vita, non ho avuto un’infanzia e poi una giovinezza. Il successo mi ha impedito di crescere, nel momento in cui avevo bisogno di sicurezze c’era troppa gente che invece le chiedeva a me. Fino a 28 anni fu una vita d’inferno”. Negli anni della contestazione che seguirono questo brano assurse poi a emblema dei valori fuori moda e passatisti della cultura italiana.

Per meglio contestualizzare quel periodo è opportuno ricordare che in Italia eravamo in pieno boom economico (inaugurazione dell’Autostrada del sole, vacanze e soggiorni di massa, la Fiat 600 a portata di tutti, …) e stava maturando quella che Pasolini definì “una mutazione antropologica” con la costante migrazione della popolazione rurale dalle campagne ai centri industriali urbani.

Spunto determinante per questo documentario è stata la tesi di laurea magistrale della storica Daniela Delmenico dal titolo “Ammiratori italiani sfortunatamente all’estero. Lettere a Gigliola Cinquetti dalla Svizzera, 1964-1979”, un lavoro capace di sottolineare l’importanza che queste lettere possono assumere per uno studio della storia “dal basso”.

In tre lustri, Gigliola Cinquetti aveva ricevuto dai suoi ammiratori oltre 140'000 lettere, che nel 2002 ha poi donato al Museo Storico del Trentino; decine di migliaia quelle dei migranti italiani nel mondo e circa quattrocento quelle provenienti dalla Svizzera. Di queste ultime, per il documentario se ne sono scelte quattro; la messa a fuoco degli aspetti salienti del vissuto di chi le scrisse avviene interrogando e coinvolgendo Carmela, Gabriella, Lorella e Gregorio.

Realizzato da Olmo Cerri, scritto con Simona Casonato, è un film documentario selezionato in concorso e proiettato in prima mondiale al Festival Vision du Réel di Nyon del 2017, in uscita ora nelle sale di tutta la Svizzera.

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