Papà senza congedo

di Fabio Dozio

Cosa offre la Svizzera ai genitori che lavorano quando nascono i figli? Pochino: il Consiglio federale ha appena bocciato la proposta di concedere un congedo di 20 giorni ai neo-padri.

Niente da fare. In caso di nascita di un figlio, i padri non avranno diritto al congedo, dovranno continuare a lavorare e del neonato si occuperà la mamma, o altre persone adatte. È quanto prevede il Consiglio federale che, a metà ottobre, ha deciso di respingere l’iniziativa popolare “Per un congedo di paternità ragionevole – a favore di tutta la famiglia”.

Promossa dalla confederazione sindacale Travail.Suisse, männer.ch, Alliance F e Pro Familia Svizzera, l’iniziativa ha raccolto 107'075 firme valide ed è stata depositata il 4 luglio scorso. Chiede una modifica dell’articolo 116 della Costituzione federale che riguarda gli assegni famigliari e l’assicurazione maternità. In sostanza, si pretende che i padri possano disporre di un congedo di almeno quattro settimane finanziato tramite le indennità di perdita di guadagno (IPG) che ammonterebbe all’80% del reddito, fino a un massimo di 196 franchi il giorno. Si stima che questa misura costerebbe complessivamente circa 420 milioni di franchi l’anno.
La decisione governativa passerà al vaglio del Parlamento e poi, se l’iniziativa non venisse ritirata, saranno i cittadini a esprimersi in votazione popolare.

Il Consiglio federale spiega che “è contrario all’introduzione di un congedo di paternità finanziato dall’IPG, poiché comporterebbe oneri supplementari per l’economia e causerebbe notevoli problemi organizzativi alle imprese. Ritiene pertanto che tale congedo debba restare di competenza dei datori di lavoro e delle parti sociali”.
In alternativa il Governo intende ampliare l’offerta di servizi per la custodia dei bambini, asili nido e simili, e per realizzare ciò lo scorso giugno ha approvato due nuovi strumenti, che prevedono un finanziamento di 100 milioni di franchi: un sostegno ai Cantoni e ai Comuni per aumentare i sussidi ai genitori che hanno bisogno di far custodire i loro figli e aiuti finanziari per progetti volti ad adeguare l’offerta degli asili nido.

Alcune aziende elvetiche prevedono già congedi per i papà. UBS ha appena annunciato di voler concedere un mese non pagato ai giovani padri, oltre alle due settimane pagate. Altri esempi: Migros e Coop offrono quindici giorni di congedo paternità pagato, le FFS due settimane, la Johnson&Johnson otto.

La Svizzera non è un paese per famiglie, verrebbe da dire. In Europa, in materia di congedi maternità siamo fra i paesi più tirchi. Le neomamme possono disporre di quattordici settimane di congedo, pagate all’80% del salario. In Italia si ha diritto a cinque mesi, pagati all’80%.

L’iniziativa appena bocciata dal Consiglio federale è un passo avanti, ma una vera riforma in questo senso dovrebbe prevedere un congedo parentale, vale a dire la possibilità di rinunciare al lavoro per accudire il neonato da parte di entrambi i genitori.

Come, per esempio, accade in Germania da anni, padri e madri hanno gli stessi diritti di congedo, pagato al 67% dello stipendio per dodici mesi per uno dei due. La Svezia è stata il primo paese a introdurre i congedi parentali nel 1974 e rimane uno dei più generosi ed egualitari. Le famiglie hanno diritto a 480 giorni di congedo pagato, novanta alla madre e novanta al padre e il resto diviso liberamente.

In Svizzera, l’anno scorso, la Commissione federale per le questioni femminili ha proposto il congedo parentale: “è un investimento ragionevole nel futuro dell’intera società - scrive la CFQF - dei bambini, delle madri e dei padri, delle famiglie e della piazza economica svizzera”. Inoltre, ha tutta una serie di vantaggi: crea le migliori condizioni per diventare genitori, promuove la suddivisione equilibrata dei compiti in seno alla famiglia, sostiene l’attività lavorativa delle donne, mette a frutto gli investimenti per la formazione, contrasta la carenza di personale specializzato, migliora l’impegno e la motivazione dei lavoratori e delle lavoratrici. Tante misure che, sostenendo le giovani famiglie, possono essere utili anche all’economia del Paese.

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