Parenti violenti

di Fabio Dozio

Passo avanti della Svizzera nella protezione delle vittime di violenza domestica. Una riforma proposta dal Consiglio federale rafforza la prevenzione e migliora la protezione di chi subisce violenza in famiglia.

Eppure c’è chi pensa che sia amore. Si amano, forse troppo, forse no, certamente male, e si picchiano. Si comincia con le sberle, ma poi si passa alle botte pesanti, agli stupri e, a volte, si ammazza: il coniuge o il famigliare. Le donne sono le principali vittime e il femminicidio è una realtà, anche in Svizzera. L’anno scorso sono state uccise 18 donne fra i muri di casa e un bambino. I casi di fanciulli maltrattati sono in aumento. Le cliniche pediatriche, nel 2016, hanno annunciato 1575 casi in cui sono stati curati bambini che, presumibilmente o sicuramente, hanno subito violenza fisica o psichica. La polizia ha registrato 17'685 casi di violenza domestica, con un aumento del 2% rispetto all’anno precedente. È un’epidemia sociale ed è un fenomeno trasversale, riguarda tutti, giovani, meno giovani, operai o dirigenti, svizzeri e stranieri. Però il 90% degli autori, nel 2016, era di sesso maschile.
Che fare contro questa piaga?
Certo, sarebbe necessaria una rivoluzione culturale. Non credere a tutti i costi che i rapporti matrimoniali o di convivenza debbano durare in eterno, facilitare le separazioni quando la vita in comune diventa violenta.
Intanto, si possono migliorare le leggi per cercare di arginare il fenomeno. È quanto propone il Consiglio federale in un messaggio approvato a metà ottobre, che prevede modifiche del diritto penale e civile. Per meglio proteggere le vittime di violenza domestica o di stalking, il progetto consente di ordinare la sorveglianza elettronica (braccialetto o cavigliera) per far rispettare il divieto di avvicinamento alla vittima da parte della persona violenta. Già il diritto vigente prevede che un giudice possa disporre un divieto di contatto o l’interdizione di accedere a un’abitazione all’autore di violenza. Ora, con la sorveglianza elettronica, la protezione delle vittime migliora sensibilmente.
Ci sono altre misure, in ambito civile, a favore della vittima: non dovrà più pagare le spese processuali e le decisioni del giudice saranno comunicate a tutti i servizi competenti, per evitare lacune nella protezione.
In ambito penale, si sgrava la vittima, che non dovrà più assumersi la responsabilità della decisione sulla sospensione o sull’abbandono del procedimento per lesioni semplici, vie di fatto reiterate, minacce o coazione nei rapporti di coppia. “La decisione sulla prosecuzione del procedimento – precisa l’Ufficio federale di giustizia – non dipenderà più esclusivamente dalla volontà della vittima, che in determinate situazioni può subire pressioni da parte dell’imputato, ma sarà piuttosto responsabilità dell’autorità penale, la quale dovrà considerare, oltre alla dichiarazione della vittima, anche altre circostanze di fatto”.
Le sospensioni dei procedimenti derivano da perverse dinamiche famigliari. Capita che la vittima denunci il parente autore della violenza, ma poi si penta e ritratti. In questo modo la spirale della violenza non si arresta e, a volte, si aggrava. Perciò si intende limitare le competenze delle vittime su queste decisioni. In futuro, il procedimento potrebbe essere sospeso, soltanto se contribuisce a stabilizzare o a migliorare la situazione della vittima.
Altre misure previste dalle modifiche del diritto penale e civile in materia di violenza domestica prevedono l’obbligo per l’imputato di seguire un progetto educativo, un miglior coordinamento fra autorità giudiziaria e i servizi cantonali competenti in materia e la raccomandazione ai Cantoni di collaborare maggiormente e continuare a scambiarsi informazioni: “La gestione della minaccia – sottolinea ancora l’UFG – consente di individuare precocemente sviluppi preoccupanti delle persone e contrastare il pericolo di un reato violento”.
Per completare l’impegno svizzero nei confronti della violenza domestica, il Governo ha deciso di aderire alla Convenzione di Istanbul, che garantisce che la violenza contro le donne e la violenza domestica siano perseguite secondo standard comuni in tutti gli Stati europei.

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