di Sara Gavron
Londra 1912. Maud Watts è una giovane donna, madre e moglie occupata nella lavanderia industriale di Mr. Taylor, un uomo senza scrupoli che abusa quotidianamente delle sue operaie. Le sue giornate sono sempre brevi, tanto quanto il tempo che riesce a dedicare al piccolo George. Un giorno le viene chiesto di consegnare un pacco e si trova casualmente coinvolta in un’azione del movimento delle suffragette, gruppo di donne dalle differenti estrazioni sociali in lotta per il diritto al voto alle donne. Ignorate dai giornali, che temono gli strali della censura governativa, e dai politici, che le ritengono instabili e inette fuori dai confini concessi, decidono unite di passare alle maniere forti. Mite e appartata, Maud diventa presto una militante appassionata e decisa a vendicare le violenze in fabbrica e a riscattare una vita che la costringe alle dipendenze degli uomini.
Un ingresso periferico, dalla porta di servizio, per la Gavron, che non indugia sulla più nota e rappresentativa figura storica di quel movimento, Emmeline Pankhurst, che nel film intravediamo giusto in un paio di scene irradiare il suo carisma, interpretato da Meryl Streep.
Uno dei meriti del film è proprio quello di rendere in carne, ossa e dolore la straziante situazione quotidiana di una giovane donna come tante altre, il suo essere costretta, quasi per inerzia istintiva, a impegnarsi nella lotta, in parallelo con l’ostracismo implacabile che accompagna il suo essere riconosciuta dall’ambiente intorno a lei come suffragetta. La Gavron delinea con realismo un movimento che a un secolo di distanza è ormai lontano nella memoria collettiva come un bozzetto folkloristico.