Le traversie sentimentali e artistiche di Richard Wagner, in fuga da Zurigo per Venezia


di Giuseppe Muscardini


L'amore travagliato del grande musicista tedesco per Mathilde Luckenmeier iniziò nei lussuosi ambienti di Villa Wesendonck. Oggi la villa è sede del Museo Rietberg.

L'asilo, l'amore e la musica
Se passando da Bonn troveremo il tempo di sostare davanti al ritratto di Mathilde Luckenmeier conservato allo Stadtmuseum, non ci stupiremo troppo dell’idillio sbocciato a Zurigo fra Richard Wagner e la giovane moglie dell’industriale Otto Wesendonck. Con l’occhio influenzato da incontenibile senso estetico, sorgerà allora in noi una domanda spontanea: avrebbe potuto il celebre musicista evitare il turbamento davanti alla femminilità e all’eleganza di Mathilde, magistralmente dipinta da Karl Ferdinand Sohn nel 1850, due anni prima dell’incontro fatale?
Ventiquattro anni lei, trentanove lui, nel febbraio 1852 i due ebbero a Zurigo una prima consapevolezza della passione che li avrebbe legati. Eppure l’amore maturò con lentezza, ostacolato dalla difficoltà di gestire una situazione alquanto complicata: ben vigilato dalla gelosissima moglie Minna Planer, Wagner era ospite di Otto Wesendonck, che in segno di stima gli aveva generosamente concesso in affitto simbolico una comoda abitazione denominata das Asyl, poco distante da Villa Wesendonck, all’epoca ancora in costruzione. Cinque anni trascorsero prima che passione e sentimento potessero esplodere, e questo avvenne alla fine del 1857 alla festa di inaugurazione della Villa, dopo un concerto in cui gli elementi di un’orchestra dispensarono melodie beethoveniane.
Quando passione e sentimento si manifestarono, raggiunsero un livello di coinvolgimento tale da indurre Wagner a interrompere il secondo atto del Sigfrido per intraprendere la composizione del Tristano, più vicino per tema allo smarrimento amoroso da cui era invaso sul finire di quel 1857. Ma, come sempre accade nei melodrammi, l’amore clandestino fu scoperto da Minna, che non risparmiò al marito le scenate della donna umiliata, con strepiti e urla risentite. L’esito infelice della vicenda impose ai Wesendonck la partenza per l’Italia, a Minna il ritorno a Dresda e a Wagner una pesante solitudine zurighese decretata dagli eventi improvvisi, durante la quale lavorò al secondo atto del Tristano. Dotato di passaporto svizzero, agli inizi di settembre del 1858 riparò momentaneamente a Venezia, dove continuò con ardore disperato a mettere in note il suo capolavoro. Il secondo atto è la rappresentazione tutta emotiva di un amore struggente ma incapace di soddisfare le aspettative di due amanti. Solo superando i limiti fisici e temporali può esserci pieno godimento per Tristano e Isotta: Fuor dal mondo, fuor del giorno, senza angosce, dolce ebbrezza, senza assenza, mai divisi, soli, avanti, sempre, sempre, nell’immenso spazio!

Venezia e Lucerna, città wagneriane
Dalla città lagunare, che con i suoi silenzi notturni rotti dallo sciabordio delle acque nei canali tanto ispirò la partitura del dramma musicale, Wagner informava puntualmente l’amante lontana del progredire del suo lavoro, riferendole delle rielaborazioni dei Wesendonck Lieder, precedentemente strumentati sulle liriche di Mathilde, poetessa dilettante ma non priva di estro.
Nonostante le intenzioni di Wagner, propenso a terminare il Tristano a Venezia, fu a Lucerna che il 6 agosto 1859 mise fine al terzo ed ultimo atto. La stesura fu ultimata in una stanza al secondo piano del prestigioso Hotel Schweizerhof, da lui occupata da marzo a settembre di quell’anno. La conclusione dell’opera fu salutata da versi scherzosi con cui il musicista esaltava non solo la vicenda dei due spasimanti, ma anche il luogo in cui lui si trovava, a memoria perenne della fatica che i tre atti, portati a compimento, avevano richiesto: Allo Schweizerhof di Lucerna, / lontano da casa, / morirono Tristano e Isotta, / lui triste e lei leggiadra, / morirono felicemente, liberi come l’aria, / allo Schweizerhof di Lucerna, / gestito dal Colonnello Segesser. Così Wagner terminava l’ultimo atto del Tristan und Isolde, ponendo fine al dramma musicale ambientato in Cornovaglia.
Per associazione la sventurata storia dei due amanti era per Wagner molto avvincente: tormentato dall’amore impossibile per Mathilde Wesendonck, era stato obbligato nella fase compositiva del Tristano a gravose peregrinazioni fra Zurigo, Venezia e Lucerna. Un capitolo della biografia e della produzione musicale di Richard Wagner, questo, contrassegnato da reazioni tardive: Tristano und Isolde fu rappresentato la prima volta il 10 giugno 1865 al Nationaltheater di Monaco di Baviera. Ne furono interpreti Ludwig Schnorr von Carlosfeld e Malwine Garriges, nei rispettivi ruoli dei protagonisti, riuscendo per l’occasione - grazie anche alla loro effettiva unione nella vita - a comunicare al pubblico l’intera gamma dei sentimenti espressi in forma dialogica nel libretto. L’imponenza fisica di Ludwig Schnorr ben si confaceva all’estensione vocale dell’Heldentenor, richiesta per il ruolo canoro di Tristano. Così come la figura più esile di Malwine, anche in funzione della stessa vocalità, era idonea a sostenere la parte di Isotta. Apparve subito chiaro il carattere innovativo dell’opera wagneriana, dove la poesia non era in subordine rispetto alla musica e dove nel contempo il canto perdeva la sua funzione primaria nei confronti dell’orchestra. Lo strascico dell’amore burrascoso per Mathilde Wesendonck, aveva generato in Wagner le condizioni per uno sviluppo creativo a tutto vantaggio di una partitura che nella storia della musica si rivela come autentica rivoluzione. Nel Tristan und Isolde lo stravolgimento delle norme fisse dell’armonia, l’utilizzo di silenzi pesanti fra un quadro e l’altro, il ruolo fondamentale degli archi e dei legni, la profondità del pianissimo dei timpani, gettano le basi per una concezione tutta nuova del dramma musicale, con cui necessariamente faranno i conti i compositori del tardo Ottocento.

Altri amori: dai Wesendonck Lieder a L'idillio di Tribschen
Per il fatto che Wagner e Mathilde si frequentarono di nascosto a Villa Wesendock in preda a reciproci e amorosi sensi, oggi quegli stessi ambienti, diventati dal 1952 spazi espositivi del Museo Rietberg, stimolano l'evocazione di ardenti incontri d'amore. Lo stile neoclassico della facciata, con le colonne, i busti e le due statue ellenizzanti poste ai lati dell'ingresso, offrono ancora oggi suggestioni potenti per immaginare la storia amorosa a cui si abbandonarono l'uomo del crepuscolo (appellativo giocoso attribuito a Wagner) e la bella moglie di un facoltoso commerciante di seta. E come spesso accade quando gli amori autentici sono contrastati, determinando lontananze dolorose, Richard e Mathilde si separarono per forza di cose dagli ambienti romantici di Villa Wesendonck. Venezia attrasse Wagner per la dolce e delicata malinconia che la città sull'acqua avrebbe saputo ispirargli in un momento in cui la sua vita affettiva era stravolta.
A Venezia l'uomo del crepuscolo ritornerà più volte nei ventiquattro anni successivi, fino a sceglierla come luogo dove terminare l'esistenza. Il 13 febbraio 1883 si spense all'età di settanta anni nelle stanze di Palazzo Vendramin-Calergi, dove si era trasferito con la seconda moglie Cosima e i figli. Wagner aveva assegnato non a caso il nome di Sigfrido all'unico figlio maschio, che divenne a sua volta un noto compositore e direttore d'orchestra. Siegfried Helferich Richard era nato il 6 giugno 1869 a Tribschen, presso Lucerna. Qui, nella casa sul lago, ora Museo Wagner, fu composto nel 1870 il toccante Idillio di Sigfrido, inizialmente intitolato Idillio di Tribschen.