Una fase di transizione…

di Vittorio Bianchi

Le FFS hanno venduto nel 2016 oltre 18 milioni di biglietti online contro 16 milioni allo sportello, stando a quanto riferito dal CEO Andreas Meyer. Nel 2015 solo 169 stazioni elvetiche - su un totale di 757 - erano provviste di sportello, quasi la metà rispetto al 2005.

Questo è solo uno dei settori in trasformazione a causa della crescente digitalizzazione della nostra società. Impiegati d'ufficio, macellai, cassieri, impiegati postali, contabili sono alcune delle altre professioni a rischio sostituzione a fronte della rivoluzione tecnologica degli ultimi anni.

Fra le conseguenze positive della digitalizzazione e dell’automazione si possono sicuramente annotare efficienza, riduzione dei costi e ottimizzazione delle risorse. D’altra parte però, il personale meno qualificato potrebbe rischiare di non trarne alcun beneficio, rimanendo escluso da un mercato lavorativo sempre più selettivo. Questo tocca dunque una dimensione anche di carattere etico che concerne il rapporto fra progresso e giustizia sociale. In che misura può essere garantito l’uno senza che l’altra parte venga inficiata. Il World Economic Forum (WEF) ha dibattuto proprio quest’anno a Davos su questo tema di centrale importanza.

Secondo lo studio del Think Tank McKinsey “Harnessing automation for a future that works” circa 2000 attività lavorative in 800 settori occupazionali potrebbero essere potenzialmente svolte da macchine artificiali, ma, stando al modello di calcolo e di analisi alla base dello studio, solo il 5% di esse potrebbero essere svolte interamente da una macchina senza l’ausilio di un essere umano. Lo studio evidenzia che solo alcune attività di raccolta e analisi di dati e alcuni lavori in cui è previsto un movimento fisico caratterizzato da una bassa variabile di imprevedibilità, potranno essere sostituiti da strumenti automatizzati. Tutti gli altri lavori in cui è necessaria creavità o un margine più ampio di imprevedibilità necessitano di gestione da parte di un essere umano.

Non si tratterebbe quindi di uno scenario apocalittico, tanto più se si considera la concreta recettività delle innovazioni tecnologiche nelle realtà aziendali a livello macroeconomico: una piccola media impresa europea non ne percepirà gli stessi benefici di un’azienda in Silicon Valley.

Dalla ruota al primo computer, dalla calcolatrice alle più efficienti macchine di meccanica fine, l’uomo ha sempre cercato di perfezionare le proprie tecniche e strumenti lavorativi, sarebbe dunque miope fare passi indietro per preservare uno status quo. Per rispondere in maniera efficace alla scomparsa e alla trasformazione dei profili occupazionali sarebbe auspicabile formare il personale sostituito in base alle nuove necessità aziendali per poi ricollocarlo in nuove mansioni o indirizzarlo verso posti di lavoro generatisi nei settori emergenti. Queste sarebbero proprio le intenzioni dell’ 80% delle aziende secondo un report dell’agenzia di consulting Infosys. 

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