Normandia 1819. Jeanne è una giovane donna che si apre alla vita. Figlia dei baroni Le Perthuis des Vauds, si innamora e sposa Julien de Lamare, un nobile locale decaduto che si rivela presto un adultero incorreggibile. Dopo aver sedotto e ingravidato Rosalie, la domestica al servizio dei baroni, Julien chiede perdono a Jeanne e lo ottiene, rientrando in seno alla famiglia e diventando padre di Paul. Ma all'orizzonte si prepara un'altra tempesta che travolgerà ogni bene, materiale e affettivo, costringendo Jeanne a dialogare con i ricordi di una vita.
Un film sulla disillusione quello di Stéphane Brizé, che porta sullo schermo il primo romanzo di Guy de Maupassant.
In una Francia che ha da poco conosciuto la Rivoluzione, con tutto ciò che ne consegue per il cascame aristocratico del vecchio regime, al pari di Maupassant, anche Brizé si concentra con particolare attenzione su questi personaggi in cerca di una posizione, precursori dei più recenti arrampicatori sociali. Une vie però è visto dalla prospettiva di una donna rassegnata e attraversata dalla malinconia del suo secolo, che certi meccanismi li subisce, pagando a caro prezzo le mortificanti dinamiche di un mondo che è cambiato dalla sera alla mattina.
Con un costante ricorso all’uso del flashback, il film costruisce un’agile dialettica tra presente e passato. In tal modo, attraversa buona parte della vita di Jeanne, dalla giovinezza, poco prima di prendere marito, fino quasi alla vecchiaia. Di mezzo poche, pochissime gioie e tanti dolori.