Si è svolto nei giorni 6 e 7 dicembre 2016, presso il Centro
Congressi VeronaFiere, il terzo Forum sul business del vino, ideato e
organizzato da Veronafiere-Vinitaly, in collaborazione con Unione
Italiana Vini, Federvini, Ice, OperaWine, VinitalyWineClub e Vinitaly
International Academy (VIA), con presenza significativa di Business
Strategies e WineMeridian.
100 relatori, 40 Workshop, 6 Aree tematiche per momenti di incontri esclusivi focalizzando i temi delle 4 “I”: Internalizzazione, Innovazione, Investimenti e Informazione. Tra i top speaker Hermann Pilz (Germania), direttore di Weinwirtschaft,
chiamato a fare il punto sul secondo mercato per l’export delle cantine
italiane; Jonas H. Röjerman (Svezia), capo del controllo qualità di
Systembolaget, azienda pubblica che detiene in Svezia il monopolio della
vendita di bevande; Felicity Carter, redattore capo della Meininger Wine Business International, rivista di taglio internazionale in lingua inglese sul business del vino che focalizza l’attenzione sullo “storytelling”, l’importanza di raccontarsi on line e gli effetti che questa attività può regalare alle aziende che ne sanno fare buon uso.
Tra
gli altri importanti relatori stranieri: Juliana e Gino Colangelo,
Rebecca Hopkins, Cathy Huyghe, Lan Liu, Chery Cheng Peng, Steve Raye,
Paul Truszkoski e Alison Napjus, che degusta vini provenienti dalle
regioni di tutta Italia per Wine Spectator ed è anche lead taster
di vini provenienti dalle regioni Champagne e Alsazia della Francia. È
possibile seguire Alison Napjus su Twitter all’indirizzo
http://twitter.com/napjuswine.
Per l’Italia presenze significative
sia di produttori (Rallo, Boscaini, Allegrini, Argiolas, Bisol, Cinelli
Colombini, Angiolino Maule, Emilio Pedron, Carlotta Pasqua, Enrico
Zanoni per Cavit, per citarne alcuni) che di personaggi Accademici della
Vite e del Vino (Tomasi, Calò, Costacurta, Di Lorenzo, Pizzi, tra gli
altri). Inoltre vanno ricordati: Silvana Ballotta di Business
Strategies, Ian D’Agata (VIA), Lavinia Furlani, Andrea Pozzan e Fabio
Piccoli di Wine Meridian, Silvia Zucconi di Nomisma e Stevie Kim, Managing Director di Vinitaly International
che ha ideato ed ha lavorato duramente per realizzare la
manifestazione. A capo del braccio strategico internazionale di
Vinitaly, Stevie è impegnata ad utilizzare i canali innovativi per
comunicare e celebrare “il vino italiano” all’estero - con un’enfasi
creativa sui social media - sempre con un occhio di attenzione per
aiutare i produttori italiani a vendere di più di una semplice bottiglia
di vino.
I Convegni
Impossibile seguire tutti i
convegni in programma nei due giorni. Farsi un’agenda oraria era
indispensabile. Qui propongo quelli che più ho ritenuto interessanti
anche per i lettori de La Rivista (ci scusiamo con i relatori di
cui non abbiamo potuto parlare). Il primo convegno è stato affidato al
tedesco Hermann Pilz, direttore di Weinwirtschaft il quale ha toccato i diversi tasti della distribuzione dei vini italiani in Germania. Le sue considerazioni: “Il
mercato del vino tedesco non conosce confini. Oggi come oggi qualsiasi
tipo di fornitore di vino ha la possibilità di vendere i suoi prodotti
in Germania. Il mercato tedesco rispecchia quindi la domanda da parte
dei consumatori e la gamma dei prodotti disponibile a livello
internazionale. I produttori di vino in Germania si sentono disorientati
per quanto riguarda il mercato. Questo disorientamento fa emergere
molte domande alle quali si cerca di trovare delle spiegazioni che da
una parte danno sollievo, dall’altra parte provocano anche
preoccupazioni. Secondo gli esperti del settore il mercato è ottimo
oppure desolato, il punto di vista dipende da quale categoria di
produzione e a quale canale di vendita appartengono gli interlocutori.
La questione dei perché è quindi spesso il punto focale nei
ragionamenti. Potendo indicare solamente i 3 mercati più importanti per
la propria azienda, il 48% delle cantine include la Germania sul podio,
seconda solamente agli USA”.
Questo è quanto emerge dal VI
Osservatorio wine2wine, che nei mesi di febbraio e marzo ha intervistato
oltre 180 aziende vitivinicole italiane. Quello tedesco sembra essere
un mercato top per l’export delle cantine italiane, particolarmente
importante per le realtà con fatturati oltre i 2 milioni di € (56,5%) ed
inferiori ai 500.000€ (53,6%). Discriminando sulla base del numero di
bottiglie prodotte, sono ben 2 su 3 le cantine con una produzione
superiore al milione di bottiglie/anno che includono la Germania nella
Top3. Il Sud Italia guida la classifica (63%), mentre prendendo come
indicatore il grado di internazionalizzazione (numero di mercati verso i
quali si esporta attualmente), si assiste ad una polarizzazione molto
forte: sono infatti particolarmente attive sul mercato tedesco le
cantine che esportano in meno di 5 Paesi e quelle presenti in oltre 20
mercati (59% in entrambi i casi). Per quanto riguarda i 3 mercati verso i
quali si punta maggiormente nell’anno in corso, di nuovo la Germania è
al secondo posto, indicata dal 47,3% degli intervistati.
Sono
particolarmente focalizzate a questo mercato le cantine con fatturati
oltre i 2 milioni di € (54,3%) e con produzioni superiori al milione di
bottiglie/anno (57,1%). Centro e Sud Italia guidano la classifica dal
punto di vista territoriale (rispettivamente 53,6% e 55,6%), mentre
prendendo come indicatore il grado di internazionalizzazione (numero di
mercati verso i quali si esporta attualmente), sono soprattutto quelle
presenti in oltre 20 mercati a puntare fortemente sulla Germania
(63,0%). Questi dati confermano come il mercato tedesco continui a
rappresentare uno dei più importanti Paesi di destinazione per l’export
vitivinicolo italiano.
Il mercato del vino in Cina: quali sviluppi
Come
sta cambiando il mercato del vino in Cina? Quali sono le opportunità e
le sfide per l’export del prodotto made in Italy? Qual è la percezione
del vino italiano sui mass media cinesi? Ne hanno parlato Silvana
Ballotta, di Business Strategies e due personalità chiave del
mondo enologico cinese: Zuming Wang, vicesegretario generale
dell’Associazione Cinese per gli alcolici e segretario generale
dell’Associazione cinese del vino che lavora dal 2005 per l’Alcohol
Bureau e Tao Weng, capo della Shanghai Dawen Information Development Ltd. e collaboratore del direttore generale di Shanghai Morning Post
(Shanghai United Media) che si occupa della diffusione della cultura
cinese del vino nel mondo e organizza importanti eventi di degustazione.
Sono stati moderati dal giornalista di Radio24 Sebastiano Barisoni. Per
Silvana Ballotta: ”Con una nano-quota di mercato pari al 5,6%,
l’Italia è ferma al quinto posto tra i top exporter di vino in Cina,
anche se i primi sette mesi del 2016 hanno registrato una buona
performance. Secondo le elaborazioni del nostro Osservatorio Paesi Terzi
– prosegue Ballotta – le vendite made in Italy sono aumentate del 28,1%
(68,7mln di euro) sullo stesso periodo del 2015, meglio di Francia
(+26,3%), Australia (+26%) e Cile (+20,1%). Per continuare in questa
progressione dobbiamo potenziare la conoscenza delle specificità e
peculiarità di questo mercato”.
“Chi arriva prima si mangia la torta”.
È un detto cinese ma anche la sintesi delle difficoltà del vino
italiano in Cina spiegate da Zuming Wang. Il funzionario ha analizzato
le ragioni che pesano sul posizionamento del prodotto made in Italy nel
mercato cinese, al quinto posto dopo Francia, Australia, Cile e Spagna,
con una micro-quota pari a un ottavo di quella dei concorrenti
d’oltralpe (5,6% contro il 43,3%): “I vini italiani sono poco promossi e poco conosciuti – ha dichiarato Wang – ed
io stesso conosco solo Barolo e Prosecco. I vostri competitor sono
arrivati prima, hanno capito il mercato e ora ne detengono le fette
maggiori. Il margine di sviluppo è però ancora molto ampio e la torta
non è completa – ha proseguito – per questo anche per l’Italia le
possibilità ci sono”.
Ma la varietà delle denominazioni, la
lunghezza e la complessità dei nomi rendono i vini italiani di difficile
comprensione per i consumatori cinesi. Su questo tema è intervenuto
anche Tao Weng: “I francesi hanno saputo adattare il loro prodotto al
mercato, cambiando i nomi in parole cinesi dal significato evocativo,
semplici e facili da ricordare, come lo Chardonnay che viene chiamato
‘perla al tramonto’. Una strategia che i produttori italiani potrebbero
adottare, ma non sufficiente. La cucina cinese porta in tavola molte
portate diverse contemporaneamente – ha continuato Weng –, una
tradizione che rende difficoltosi gli abbinamenti enogastronomici e che
impedisce alla ristorazione di diventare un canale di penetrazione
efficace e capillare. Per la sua vocazione internazionale, la quantità
di ristoranti e la capacità di intercettare i trend, forse è Shanghai la
piazza più interessante in questa direzione”.
Wine People – X factor per il successo nel mondo del vino
Le
persone al centro di tutto. Non poteva che essere una sala gremita di
persone, appunto, ad accogliere la presentazione del nuovo ed innovativo
libro sulle risorse umane nel mondo del vino Wine People, X-factor per il successo nel mondo del vino, scritto a quattro mani da Lavinia Furlani, direttore editoriale di Wine Meridian,
e Andrea Pozzan, responsabile divisione Risorse Umane di Competenze in
Rete. Il volume, che vuole essere un vademecum per tutti gli operatori
del settore, per i produttori, per chi è già export manager e per chi
vorrebbe diventarlo, è stato presentato dagli autori, da Fabio Piccoli,
direttore di Wine Meridian, e Vitaliano Tiritto, export manager del gruppo Terre Moretti. Perché Wine
People? “Perché per far fronte ai numerosi cambiamenti legati
all’internazionalizzazione, servono professionisti competenti e
motivati, pronti ad affrontare i mercati. Per questo al centro di tutto
si trovano sempre le persone. Ed è per questo che il tema delle Risorse
Umane è importante che assuma sempre maggiore rilevanza non solo a
parole, ma anche nei fatti: se riteniamo veramente che le persone, donne
e uomini, siano la chiave fondamentale nella competitività e sviluppo
delle imprese, vi deve essere un conseguente e coerente investimento in
esse”.
I dati del mercato parlano chiaro: l’Italia ha la
possibilità di conquistare e rafforzare una posizione egemonica in tutti
i principali mercati mondiali, a condizione che le aziende del comparto
vogliano intraprendere un percorso evolutivo che - oltre al focus sulla
qualità in vigneto e in cantina - metta in campo una specifica
attenzione alle persone (“people”) e alla capacità di individuare
e raccontare un’identità forte e distintiva. Il messaggio è forte e
chiaro: è ora che il mondo del vino apra le porte alle professionalità
“top” provenienti da altri settori e anche gli insider devono cambiare
approccio, perché la struttura del mercato è in costante evoluzione: non
ci sono più gli stessi buyer, non ci sono più gli stessi ristoratori,
non ci sono più gli stessi consumatori. “Per affrontare le sfide del
mercato è ora di mettere le persone al centro del gioco: questa è la
nostra Mission come preparatori di uomini – ha affermato Lavinia Furlani
-. Ed è per questo che il tema delle Risorse Umane è importante che
assuma sempre maggiore rilevanza non solo a parole, ma anche nei fatti”.
La via italiana al vino: L’importanza dei territori e delle tecniche colturali
Genotipo,
ambiente e tecnica colturale sono i tre fattori che, interagendo tra
loro, determinano il risultato produttivo. Ne hanno parlato 4 personaggi
di spessore: Antonio Calò, Angelo Costacurta, Diego Tomasi e Rosario Di
Lorenzo. Moderatore Ian D’Agata. Nell’intervento è stato messo in
risalto la specificità nella gestione del vigneto, in relazione ai
diversi obiettivi produttivi e ai differenti territori viticoli
Italiani. Si è parlato inoltre dell’importanza dell’utilizzo di nuove
strategie colturali, che si basano su tecniche di “precision farming”.
È stata evidenziata, infine, l’importanza della tecnica colturale quale
mezzo per rispondere, in modo efficace e rapido, alle sempre più
attuali e pressanti richieste di sostenibilità dei sistemi vigneto e di
mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Antonio Calò, che
per chi opera nel campo del vino non ha bisogno di presentazioni, ci ha
lasciato alcuni stralci della sua “coltural presentation”: “…
All’Esposizione di Vienna del 1873, per esempio, Ernesto di Sambuy
annotava: “Il Barolo merita di venir confrontato coi migliori vini rossi
del mondo per la pienezza del sapore e per il gradevole aroma e può con
successo concorrere coi vini francesi...”. Infatti, nelle critiche
accennate ritornava spesso la meraviglia della situazione dell’Italia
“con tutti i suoi vantaggi naturali”. E non dimentichiamo che proprio
Julien scriveva: “a tutta prima si potrebbe credere che esso (paese)
produca i migliori vini d’Europa.”. Una previsione? Una scommessa? Una
sfida? Nella stessa direzione andava la famosa inchiesta del Senatore
Jacini (1877-1885): un Paese che doveva scuotersi per ritrovare il posto
che gli competeva nel settore. Cominciava quindi da lì un cammino
importantissimo verso il raggiungimento di un traguardo bene
identificato: rendere i vini italiani degni di affrontare i mercati
nazionali ed internazionali. Oggi questo concetto è chiaramente
percepibile; si sono realizzati progressi concreti; si è amplificato ed
indagato il valore (mai messo in dubbio) delle zone di produzione; si è
studiato e si stanno studiando i valori dei vitigni e le loro
interazioni ambientali…”.
Wine Spectator ha annunciato gli OperaWine Producers 2017
Torna sabato 8 aprile 2017 la sesta edizione di OperaWine “Finest Italian Wines: 100 Great Producers”,
evento première di Vinitaly che si terrà a Verona, nel Palazzo della
Gran Guardia. Organizzato da Vinitaly International in collaborazione
con la rivista Wine Spectator, il Grand Tasting offrirà agli
operatori specializzati di tutto il mondo la possibilità di conoscere i
100 produttori italiani selezionati dalla prestigiosa pubblicazione
americana (per la verità saranno 104).
In chiusura di serata,
l’annuncio ufficiale della costituita Veronafiere spa da parte del
presidente di Veronafiere spa Maurizio Danese: “Consolidare la
leadership fieristica del settore dotando il vino made in Italy di
strumenti nuovi e decisivi per fare il salto di qualità nei Paesi terzi.
Questo l’obiettivo del piano industriale dedicato alla filiera wine
della neonata Veronafiere spa e anche la funzione, per quanto riguarda
soprattutto i mercati asiatici di Italian Wine Channel (IWC), del nuovo
strumento costituito da Mise, Mipaaf, Ice e Vinitaly per rappresentare
in ma¬niera unitaria l’enologia italiana, specie nei Paesi asiatici,
dove paghiamo un ritardo storico nei confronti del nostri principali
competitor e dove accordi bilaterali hanno notevolmente favorito la
crescita di Australia e Cile”.
“L’analisi evidenzia una considerevole
frammentarietà del vino italiano in Cina che ha penalizzato o ridotto,
in termini di esito, gli sforzi compiuti” - ha spiegato Giovanni
Mantovani, direttore generale di Veronafiere spa - intervenendo
all’incontro a cui hanno preso parte anche Sandro Boscaini, presidente
di Federvini, Antonio Rallo, presidente Unione Italiana Vini,
Piergiorgio Borgogelli, direttore generale Ice e Andrea Maria Nicola
Costa, responsabile Marketing IT infrastructures & service. “Vinitaly
è presente in Cina da ormai oltre 15 anni, con una serie di iniziative
b2b. Una presenza che ci ha consentito di analizzare sia la complessità
di questo mercato davvero unico, sia la business strategy attuata dalle
aziende italiane nell’approcciare questo Paese, sempre più fondamentale
nella road map globale del vino e che, nella classifica generale delle
importazioni, ci vede solo al 5° posto nonostante i plus qualitativi che
caratterizzano il vino italiano. Si tratta di realizzare una strategia
comune, innovativa che si concretizza in un canale globale, dall’offline
all’online e, ancora, all’offline per orientare il crescente ruolo dei
social media e dell’e-commerce in Cina”.
Il prossimo Vinitaly a Verona si svolgerà dal 9 al 12 Aprile 2017.
di Rocco Lettieri