La mobilità italiana tra “doppi altrove”, periodici spaesamenti e identità arricchite
Al 1 gennaio 2017, gli italiani residenti fuori dei confini nazionali e iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) erano 4.973.942, l’8,2% degli oltre 60,5 milioni di residenti in Italia alla stessa data. Dal 2006 al 2017, la mobilità italiana è aumentata del 60,1% passando da poco più di 3 milioni a quasi 5 milioni di iscritti. Nell’ultimo anno l’aumento è del 3,4%. È quanto emerge dalla XII edizione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes.
Le partenze nell’ultimo anno
Da gennaio a dicembre 2016, le iscrizioni all’AIRE per solo espatrio sono state 124.076 (+16.547 rispetto all’anno precedente, +15,4%), di cui il 55,5% (68.909) maschi. Il 62,4% sono celibi/nubili e il 31,4% coniugati/e. Oltre il 39% di chi ha lasciato l’Italia nell’ultimo anno ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni (9 mila in più rispetto all’anno precedente, +23,3%); un quarto tra i 35 e i 49 anni (quasi 3.500 in più in un anno, +12,5%).
Le partenze non sono individuali, ma di “famiglia” intendendo sia il nucleo familiare più ristretto, ovvero quello che comprende i minori (oltre il 20%, di cui il 12,9% ha meno di 10 anni) sia la famiglia “allargata”, quella cioè in cui i genitori – ormai oltre la soglia dei 65 anni – diventano “accompagnatori e sostenitori” del progetto migratorio dei figli (il 5,2% del totale). A questi si aggiunga il 9,7% di chi ha tra i 50 e i 64 anni, i tanti “disoccupati senza speranza” tristemente noti alle cronache del nostro Paese poiché rimasti senza lavoro in Italia e con enormi difficoltà di riuscire a trovare alternative occupazionali concrete per continuare a mantenere la propria famiglia e il proprio regime di vita. Le donne sono meno numerose in tutte le classi di età ad esclusione di quella degli over 85 anni (358 donne rispetto a 222 uomini): si tratta soprattutto di vedove che rispondono alla speranza di vita più lunga delle donne in generale rispetto agli uomini.
Il continente prioritariamente scelto da chi ha spostato la propria residenza fuori dell’Italia nel corso del 2016 è stato quello europeo, seguito dall’America Settentrionale.
Il Regno Unito, con 24.771 iscritti, registra un primato assoluto tra tutte le destinazioni, seguito dalla Germania (19.178), dalla Svizzera (11.759), dalla Francia (11.108), dal Brasile (6.829) e dagli Stati Uniti (5.939).
La Lombardia, con quasi 23 mila partenze, si conferma la prima regione da cui gli italiani hanno lasciato l’Italia alla volta dell’estero, seguita dal Veneto (11.611), dalla Sicilia (11.501), dal Lazio (11.114) e dal Piemonte (9.022). In generale gli italiani sono partiti da 110 territori verso 194 destinazioni diverse nel mondo.
A livello provinciale le partenze dell’ultimo anno, registrano, accanto alle grandi e popolose metropoli italiane quali Roma, Milano, Torino e Napoli, contesti locali minori come la città di Brescia (oltre 3 mila partenze). Nuova entrata, ultima tra le prime 10 province, Varese (2.289 partenze nell’ultimo anno).
L’emigrazione come motore di nuovo arricchimento
La mobilità è una risorsa perché permette il confronto con realtà diverse ed è, se ben indirizzata, una opportunità di crescita e arricchimento. Oggi, però, nello stato generale di recessione economica e culturale in cui ci si ritrova, la migrazione, per gli italiani in particolare, è diventata nuovamente, come in passato, una valvola di sfogo, ciò che potrebbe permettere di trovare una sorte diversa rispetto a quella a cui si è destinati nel territorio di origine. Così intesa, la mobilità – come stiamo registrando da ormai diversi anni – diventa unidirezionale, dall’Italia verso l’estero, con partenze sempre più numerose e con ritorni sempre più improbabili. La questione non è tanto quella di agire sul numero delle partenze – anche perché nel mondo globale la libertà di movimento, il sentirsi parte di spazi più ampi e di identità arricchite è quanto si sta costruendo da decenni – ma piuttosto di trasformare l’unidirezionalità in circolarità in modo tale da non interrompere un percorso di apprendimento e formazione continuo e crescente, da migliorare le conoscenze e le competenze mettendosi alla prova con esperienze in contesti culturali e professionali diversi tenendosi aggiornati e al passo con il mondo che cambia. In questo processo di partenze e rientri, di permanenze temporanee, di periodici spostamenti, emerge la necessità che la mobilità diventi sempre più un processo dinamico di relazioni e non una imposizione di qualche nazione su un’altra. La mobilità travalica, oggi, i confini nazionali e, in uno spazio sempre più globale, deve diventare “ben-essere” condiviso, di molti e tra più persone. Oggi assistiamo sempre più a una “mobilità da spinta” quando invece essa deve essere spontanea e accompagnata con la valorizzazione delle persone, di chi sono e di cosa sanno fare nei luoghi più diversi.
È questa, probabilmente, la libertà di movimento auspicata dai padri fondatori dell’Unione Europea, un “immenso appartamento” dove sentirsi a casa in qualsiasi stanza e dove le proprie capacità possano non solo essere messe a frutto nel migliore dei modi, ma anche essere valorizzate al meglio delle possibilità per il comune e reciproco arricchimento e progresso. Il sogno non lo si è mai pienamente raggiunto e, in questo momento, purtroppo si allontana sempre più. Alcuni, infatti hanno pensato che la libertà non potesse riguardare tutti, ma solo alcuni, mentre chi è ritenuto privo di questo diritto va fermato. Ed è così che la faticosa “politica dei ponti” sta lasciando sempre più spazio alla “politica dei muri” e che la memoria storica di un passato di guerra, soprusi, dittature e povertà si sta affievolendo sempre di più.
Il territorio, fattore di identità e spinta allo sviluppo
In tutti i migranti “dimorano” i territori da cui sono partiti così come ogni territorio è segnato da chi è partito come in un gioco di spaesamenti e ritrovamenti di sé. Quel che conta è riconoscere gli “spaesamenti” e superarli, ritrovarsi arricchiti di nuovi elementi e fare di questa ricchezza il motore di un nuovo modo di stare nel mondo. Il territorio d’origine scrive una storia indelebile su ogni suo abitante e quando questi diventa migrante egli lo porterà sempre con sé, in qualsiasi parte del mondo si trovi, anche in maniera inconsapevole: il luogo di partenza del migrante “abita” in lui. Il migrante è il miglior ambasciatore del territorio da cui è partito. La presenza italiana è presenza regionale e la regionalizzazione, se dovutamente considerata, diventa incentivo non solo di conoscenza e valorizzazione dell’Italia, ma anche motore di sviluppo e crescita economica e culturale.
Occorre pertanto che le politiche attuate – contestualmente sul piano regionale e nazionale – non siano solo di sostegno, ma di sviluppo, di attenzione cioè alla promozione delle varie opportunità di investimento presenti in ciascun territorio ed è necessario che tali opportunità siano prima riconosciute per poi essere valorizzate. L’attenzione deve riguardare anche le risorse umane presenti e le ricchezze professionali che sono diverse in ogni contesto, proprio perché differenti sono le caratteristiche e le competenze di ogni realtà regionale.
La struttura del volume del 2017
Il volume del 2017 conserva la struttura degli ultimi tre anni e cerca di rispondere alle molteplici richieste e puntualizzazioni arrivate in redazione.
Come di consuetudine, gli italiani residenti all’estero vengono analizzati e descritti attraverso la fonte ufficiale dell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) sia per quanto riguarda la comunità nel suo complesso che per quanto concerne le partenze avvenute nell’ultimo anno. All’AIRE si affiancano i dati ISTAT sui trasferimenti di residenza per l’estero e la migrazione interna, quelli dell’INPS sulle pensioni, della Banca d’Italia sulle rimesse nonché, nella specifica sezione dedicata alle Indagini, i dati di fonte estera dei paesi scelti dagli approfondimenti di questa edizione, ovvero la Francia e l’Australia. Interessante il focus sulla genitorialità a distanza, un tema nuovo al quale si affaccia quest’anno il Rapporto Italiani nel Mondo, ma sicuramente meritevole di essere indagato e ulteriormente approfondito alla luce delle nuove peculiarità rintracciate dalla mobilità italiana all’interno del più generale quadro degli spostamenti nel mondo sempre più globale e interattivo.
Altre novità riguardano, all’interno delle Riflessioni, sia l’approfondimento sulla mobilità dei Millennials prima e dopo la Brexit sia un saggio sui “nuovi italiani”, ovvero cittadini di origine nazionale diversa che, dopo un periodo di migrazione trascorsa in Italia e dopo aver ottenuto la cittadinanza italiana, si spostano fuori dei confini nazionali. A quest’ultimo tema, oltre che una riflessione teorica, si affianca un’analisi dei dati ISTAT più aggiornati a disposizione, condotta nell’ambito della sezione Flussi e presenze.
Studiare la mobilità italiana attraverso il Rapporto Italiani nel Mondo significa ripercorrere non solo la storia dell’emigrazione dall’Italia, passata e recente, ma anche la storia di un Paese nell’ambito europeo e nel contesto internazionale. Per cui temi di rilevanza attuale – quale la presenza italiana in Venezuela alla luce anche di quanto sta capitando, così come la descrizione degli italiani che hanno scelto l’Olanda come loro paese di residenza – arricchiscono la sezione delle Esperienze Contemporanee, così come un focus sui ricercatori e professionisti e un progetto di natura regionale che spinge a mantenere costanti i legami tra luoghi di partenza e punti di approdo, nella certezza che la rete, aiutata dalla facilità delle attuali continue connessioni, possano permettere collaborazioni e scambi proficui. Nella parte dedicata alla Prospettiva storica si trovano ulteriori “puntate” di precedenti edizioni dedicate, nell’ordine, al magistero della migrazione – che quest’anno vede protagonisti papa Benedetto XV e Pio XI – e le famiglie di circensi italiane che dal Novecento operano all’estero come artisti dello spettacolo. A ciò si unisce un approfondimento sulla cultura arbëreshe che lega la Calabria con l’Argentina e la presenza pastorale a Berlino dal Dopoguerra. Due approfondimenti sono poi dedicati, nell’ambito delle Riflessioni, alla cultura. L’uno sulle nuove tecnologie per la formazione linguistica di giovani italiani nati e cresciuti all’estero da genitori emigrati e l’altro su una eccellente figura, recentemente scomparsa, del panorama culturale e linguistico italiano: Tullio De Mauro, che tanto si è dedicato allo studio delle “lingue delle migrazioni”.
Anticipato da un contributo di apertura a cura della redazione centrale del Rapporto Italiani nel Mondo, lo Speciale di quest’anno è dedicato alle regioni d’Italia. Lo precede, anche, un approfondimento sulla musica sviluppato sempre col fine di valorizzare il piano territoriale e arricchito dalla “realtà aumentata” tramite la quale è possibile ascoltare i brani riportati. Seguono, quindi, tutti i capitoli regionali in ordine alfabetico dedicati alle partenze da ciascun contesto territoriale e alle caratteristiche regionali che si possono rintracciare quali peculiarità sia al momento della partenza che all’arrivo e poi nella permanenza all’estero. Ogni saggio regionale termina con ulteriori schede statistiche che accrescono e arricchiscono quanto messo tradizionalmente a disposizione negli Allegati Statistici finali.
A questa edizione – di oltre 500 pagine – hanno collaborato 55 autori con 45 saggi articolati in cinque sezioni: Flussi e presenze; La prospettiva storica; Indagini, riflessioni ed esperienze contemporanee; Speciale Regioni; Allegati socio-statistici e bibliografici.